Approfondimenti

Bando internazionalizzazione Regione Veneto

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Sintesi “Bando per il sostegno all’acquisto di servizi per l’internazionalizzazione”
Contributo a fondo perduto dal 30% al 50% delle spese ammissibili.
Tipologia dei servizi:
 A1 – Pianificazione promozionale;
 B1 – Pianificazione strategica;
 B2 – Supporto normativo e contrattuale;
 C1 – Affiancamento specialistico.
Spesa massima del progetto (sommatoria A1, B1, B2, C1) euro 50.000,00.
Termine progetto: entro 12 mesi dalla pubblicazione sul BUR del decreto di concessione.

Tutti i dettagli sono nel seguente pdf:

http://www.extero.it/wp-content/uploads/2020/02/Regione-Veneto-Sintesi-Bando-Internazionalizzazione.pdf

Aggiornato il Transfer Pricing country profile dell’Italia

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Sul sito internet dell’Ocse è stato di recente pubblicato l’aggiornamento – risalente a maggio 2019 – del Transfer pricing country profile (“TPCP”) dell’Italia.

Il TPCP é uno schema molto utile e interessante con cui l’Ocse fornisce una sorta di censimento degli aspetti maggiormente caratterizzanti la disciplina in materia di prezzi di trasferimento di ben 52 Stati; la struttura del documento è suddivisa in funzione delle principali aree tematiche della disciplina generale del transfer pricing, all’interno delle quali sono sviluppati diversi interrogativi a cui le Amministrazioni sono chiamate a rispondere sulla base della disciplina nazionale vigente e della relativa best practice in materia, fornendo poi i riferimenti normativi o regolamentari nazionali.

Come detto, l’Italia ha di recente aggiornato il proprio profilo anche alla luce dell’intervenuta approvazione del D.M. 14.05.2018 che, con un apporto senza dubbio chiarificatore e con portata interpretativa, ha sancito un formale avvicinamento della disciplina nazionale sui prezzi di trasferimento alle Linee Guida Ocse ed ai contenuti del Rapporto finale sulle Azioni 8, 9 e 10 del Progetto Beps.

Vediamo qui di seguito alcuni fra gli spunti più interessanti che possono essere tratti dall’aggiornamento del TPCP italiano.

In primo luogo, come già sancito dalle modifiche apportate al comma 7 dell’articolo 110 Tuir, e poi dall’articolo 1 D.M. 14.05.2018, il “principio di libera concorrenza” è divenuto immanente in tutta la regolamentazione della materia dei prezzi di trasferimento, superando l’obsoleta nozione di “valore normale”che era presente nel nostro ordinamento; non si tratta di un aspetto meramente lessicale, poiché esso determina degli effetti significativi, in modo particolare per quanto concerne la rilevanza che, in materia, assumono proprio le Linee Guida Ocse sui prezzi di trasferimento nel panorama normativo italiano.

Ed è proprio questo il tema affrontato e chiarito al punto 2) del TPCP italiano, laddove si riconosce che le Linee Guida Ocse in materia di prezzi di trasferimento sono espressamente richiamate nel corpo della legislazione nazionale rilevante a tali fini, unitamente ai contenuti delle Azioni 8, 9 e 10 del Progetto Beps, e che esse costituiscono anche espressione di “best pratices” nella attuazione delle disposizioni in tema di documentazione sui prezzi di trasferimento.

Quindi, viene chiarita la funzione di fondamentale rilevanza delle Linee Guida Ocse anche nell’ordinamento nazionale.

Un secondo aspetto interessante, nell’ambito della costruzione dell’analisi di comparabilità, è il riconoscimento della pari dignità fra l’utilizzo di comparabili “domestici” e internazionali.

Questo tema è molto importante, soprattutto quando l’analisi porta alla costruzione di benchmark “paneuropei” ossia caratterizzati dalla presenza di imprese non residenti nel territorio italiano, e comunque in tutte le circostanze in cui, anche al fine di ampliare il numero dei soggetti che compongono l’insieme dei comparables, sono incluse imprese estere anche talvolta in numero prevalente.

Ulteriore tema assai rilevante confermato dal TPCP italiano è quello riferito alla validità, ai fini della valutazione del prezzo di libera concorrenza, di qualunque punto incluso nel range dell’intervallo di comparabilità; principio peraltro statuito ora in modo chiaro ed inequivoco proprio dall’articolo 6 D.M. 14.05.2018.

Di conseguenza, viene meno ogni presunta e astratta supremazia del valore assunto dalla mediana rispetto agli altri valori del range normalmente espresso in intervalli interquartili.

Infine, quanto ai servizi infragruppo, si conferma l’applicazione, anche nell’ambito della disciplina italiana, dell’approccio semplificato previsto dalle Azioni Beps 8, 9 e 10 in tema di servizi a “basso valore aggiunto”, anche alla luce di quanto previsto dall’articolo 7 D.M. 14.05.2018. Il che dovrebbe perciò aiutare imprese ed Amministrazione a disporre di una base di riferimento chiara e definita per la costruzione, e quindi l’analisi, del supporto documentale richiesto per addivenire senza incertezze al riconoscimento della deduzione fiscale dei costi sostenuti per la prestazione di tali servizi.

Open innovation

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Articolo scritto da: Dott. Liban Varetti

Abstract:

L’Open Innovation ha oltre un quarto di secolo, ma in Italia è stato sostanzialmente scoperto da poco. Si tratta della capacità delle aziende di integrare attraverso sinergie produttive o di competenze, l’innovazione prodotta dalle piccole aziende e dalle start-up, nei processi delle PMI e delle Grandi Aziende. Oggi Open Innovation oltre ad essere un termine di moda, è diventata una necessità per tutte le imprese che vogliono emergere nei propri mercati, o competere con le altre ad armi pari.
L’ innovazione delle start-up, i suggerimenti di collaboratori e dipendenti, la flessibilità produttiva delle piccole aziende possono essere strumenti di vantaggio competitivo per quelle PMI che riescono ad acquisirli ed integrarli sinergicamente nei propri business model.


Come è noto agli aziendalisti, le aziende crescono per processi definiti “interni” o “esterni”. Con la prima definizione “crescita per linee interne” si intende comunemente una crescita che avviene utilizzando esclusivamente risorse interne all’azienda; nel secondo caso, “crescita per linee esterne”, ci riferiamo, invece, alla possibilità di poter inglobare risorse esterne all’azienda ed utilizzarle per la crescita (di norma altre imprese che possono essere acquisite).

Nell’accezione classica con tale terminologia ci si riferisce ad una crescita dimensionale espressa in termini di struttura (ulteriori impianti o stabilimenti) oppure l’acquisizione di mercati diversi attraverso l’acquisizione di un’altra impresa; la concezione classica prende in osservazione prevalentemente elementi fisici.

Con l’avvio della digitalizzazione dei processi industriali e l’ingresso nella c.d. Economia 4.0, i concetti di crescita per linee interne od esterne si sono ampliati andando a ricomprendere in tale fattispecie anche assets immateriali quali il know-how, le competenze ed ovviamente anche i brevetti.

Oggi quando si parla di crescita per linee esterne non ci si riferisce esclusivamente, quindi, ad acquisizioni di altre aziende per diventare proprietari di impianti o stabilimenti, ma anche all’acquisizione di nuove soluzioni tecnologiche e/o competenze; ovvero alla creazione di nuove linee di business utilizzando assets interni, che prima non si sapeva come valorizzare, grazie all’apporto di competenze esterne.

Nella terminologia anglosassone tale processo è noto come “open innovation” un neologisimo creato da Henry Chesbrough, che lo espose la prima volta in un libro il cui titolo era “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profitting from Technology”.

Si inizia a parlare di Open Innovation quindi oltre oceano oltre un quarto di secolo fa, grazie alla maturata consapevolezza della crescente difficoltà delle aziende nel trovare nuove soluzioni internamente per problemi legati a: (i) gli elevati costi della ricerca; (ii) l’aleatorietà della ricerca con i conseguenti insuccessi; (iii) le difficoltà in particolar modo nelle aziende più grandi a pensare in modo innovativo rispetto a schemi ormai sclerotizzati (“si è sempre fatto così”, etc).

L’acquisizione di una tale consapevolezza ha comportato una crescente disponibilità delle imprese ad approcciarsi ai processi di Open Innovation che non implicano il possesso in via esclusiva delle competenze tecniche e del know-how, e ad accettare il fatto di utilizzare invenzioni e soluzioni di cui non sono le sole proprietarie esclusive. A fare maturare questo tipo di consapevolezza è stata in parte anche l’affermazione delle soluzioni e software di tipo “open” che hanno dimostrato di essere un modello di business valido sia per gli sviluppatori, che per i produttori di software, nonché gli utilizzatori finali di tali prodotti.

Open Innovation oggi non vuol dire esclusivamente, o solo, l’acquisizione di una start-up proprietaria di un know-how o di un prodotto innovativo. Questa indubbiamente è una delle forme dell’Open Innovation, ma lo è anche sfruttare sinergie produttive con start-up (o aziende più piccole, ma più flessibili), condividere la conoscenza di istituti di ricerca ed università, sviluppare idee di dipendenti e collaboratori. Fino ad arrivare al punto di creare reparti aziendali ad hoc da separare dall’azienda madre per consentirgli uno sviluppo autonomo dell’innovazione in modo da non essere legati ai processi e agli schemi operativi e mentali dell’impresa.

L’Open Innovation è diventata per le aziende una necessità indotta anche dalla “velocità del business”, specialmente nei mondi di matrice anglosassone, dove le persone (in particolare le più dotate) si spostano spesso da azienda ad azienda durante il loro percorso di crescita rendendo impossibile una loro permanenza di lungo periodo all’interno di una sola impresa.

Nel modello dell’Open Innovation vi è spazio quindi sia per la piccola impresa, la start-up che la PMI o la Grande impresa. Le prime rappresentano il motore dell’innovazione ed una capacità produttiva flessibile che facilmente si adatta a risolvere i problemi; le seconde sono le porte della finanza e del mercato a cui possono portare l’innovazione creata dalle prime. Non di rado start-up e piccole aziende vengono acquisite poi dalle più grandi per rinnovare i loro processi di produzione.

L’Open Innovation si pratica facendo scouting là dove si creano le start-up e dove l’innovazione muove i suoi primi passi; ovvero:

  • all’interno dei poli tecnologici. Siti spesso di matrice pubblica, la cui funzione principale è quella di fornire una casa ed i servizi base alle start-up e favorire lo scambio di know-how tra le stesse start-up;
  • trai i competitori delle start-cup. Gare organizzate da Banche, Regioni, Fondazioni ed Enti Privati che mettono in palio un premio in denaro per il migliore progetto di start-up presentato e valutato da una giuria di esperti;
  • nell’ambito dei vari pitch-day: ovvero manifestazioni in cui vengono presentate da parte di venture capital od altri operatori, un panel selezionato di start-up ad una platea di investitori e/o business angel;
  • all’interno di incubatori di impresa. Strutture organizzate da Enti Privati, Fondazioni o Investitori che aiutano le start-up a formarsi, a validare il proprio modello di business e che insegnano ai funders cosa vuole dire essere una impresa;
  • nei percorsi di accelerazione dei venture capital. Dove le start-up crescono, progettano la propria strategia di approccio al mercato.

Oppure organizzando:

  • delle hackathon: gare tipiche del mondo software dove in 24 ore i programmatori partecipanti debbono creare delle innovazioni; ed anche;
  • delle “call”; ovvero delle richieste a presentare su temi specifici start-up o innovazioni. Queste possono essere organizzate dalle Imprese più grandi che ricercano soluzioni specifiche in determinati ambiti (per esempio dalle Banche in ambito fin-tech).

Fare scouting in questo settore è anch’essa diventata una attività da specialisti, perché è necessario disporre di un adeguato network di conoscenze per giungere a frequentare i posti e le occasioni in cui potere approcciare le start-up, ma anche avere un minimo di notorietà nell’ambito degli investitori o di coloro che favoriscono i processi di Open Innovation, per potere ricevere sollecitazioni dalle stesse start-up che vogliono incontrare aziende più grandi per instaurare collaborazioni di reciproco vantaggio.

Il modello dell’Open Innovation come si è visto è stato sviluppato negli USA, dove le aziende più tecnologiche, e che hanno avuto le crescite maggiori, ne hanno approfittato positivamente. Ma ha preso piede in modo significativo anche in Asia. L’Europa è forse partita un poco in ritardo, ma sta facendo passi veloci ed importanti, anche in Italia vi sono molte iniziative, ma le dimensioni dei Venture Capital (sia in termini di risorse che numerici), e lo scarso numero di operatori specializzati in tale settore pone il nostro paese agli ultimi posti nella classifica Europea.

Le nuove opportunità dalle istituzioni

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Articolo scritto da: Dott. Steven Mohamed

Estesi i confini di manovra del Gruppo SACE-SIMEST

Con la conversione in legge del Decreto Crescita, sono stati ampliati i poteri di intervento del Gruppo SACE-SIMEST ricomprenden ora anche i mercati dell’Unione Europea.

Infatti, fino all’approvazione del Decreto Crescita, il Gruppo poteva intervenire al fianco delle imprese solo se queste decidevano di internazionalizzare la propria attività al di fuori dei confini europei, trovandosi in svantaggio rispetto ad altri attori del mercato comunitario. Con la conversione del Decreto questo gap è stato recuperato ed ora le nostre imprese, anche per investire in Europa possono trovare in SACE-SIMEST un ottimo alleato pronto a supportarle nel processo di internazionalizzazione.

Anche la Regione Lazio punta sull’internazionalizzazione

Con Determinazione – n° G10195 del 26/07/2019 la Regione Lazio nell’ambito del programma POR FESR LAZIO 2014-2020 . Ha varato degli “Incentivi all’acquisto di servizi di supporto all’internazionalizzazione in favore delle PMI – Voucher Internazionalizzazione”.

Questi incentivi, in forma di contributo a fondo perduto nella misura minima del 45% e massima del 70% dell’importo complessivo del Progetto ammesso; progetto di importo non inferiore a 5.000 Euro e comunque non superiore a 35.000 Euro;

I costi ammissibili si distinguono in:

  1. Costi di Progetto (A: partecipazione a manifestazioni fieristiche e/o a saloni internazionali e/o a rilevanti eventi commerciali – B: acquisizione di servizi per l’internazionalizzazione);
  2. Costi del Personale a forfait (15% dei costi di progetto).

I destinatari del contributo sono le PMI e i Liberi Professionisti che hanno la Sede Operativa nel Lazio.

Molto importante è che i richiedenti abbiano la capacità amministrativa, finanziaria e operativa necessaria a completare il Progetto, ovvero avere il Fatturato pari ad almeno 10 volte il valore del Progetto non coperto dal contributo o in alternativa,  il Patrimonio netto deve essere pari ad almeno il doppio del valore del Progetto non coperto dal contributo.

Voucher per consulenza in innovazione

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Articolo scritto da: Dott. Steven Mohamed

Continuando la serie di articoli che dedicheremo all’innovazione, vogliamo dare spazio, in questa puntata, al Voucher per la Consulenza in Innovazione, previsto dalla legge di Bilancio 2019 e gestito dal Ministero dello Sviluppo Economico che in data 10 maggio 2019 e 29 luglio 2019, vi ha dato piena esecuzione.

La dotazione finanziaria stanziata per l’attuazione dell’intervento è pari a 75 milioni di euro, ripartiti per ciascuna delle annualità 2019, 2020 e 2021, quindi circa 25 milioni di euro annui.

Cos’è

Il Voucher Innovation Manager è l’incentivo, in forma di contributo a fondo perduto che, in coerenza con il Piano nazionale “Impresa 4.0” ed in linea con la politica economica Europea, vuole fare dell’innovazione un motore di sviluppo continentale per ridurre il gap competitivo con gli altri attori internazionali, tra cui Stati Uniti, Cina e Russia, promuovendo i processi di trasformazione tecnologica e digitale delle PMI e delle reti di impresa di tutto il territorio nazionale.

Infatti, attraverso l’inserimento in azienda di figure manageriali in grado di fornire consulenze specialistiche, sarà possibile per le imprese implementare le tecnologie e rinnovare gli assetti gestionali e organizzativi, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali. L’incentivo prevede dunque un’integrazione tra i sistemi fisici tradizionali e quelli digitali, in tutte le fasi del ciclo produttivo.

A chi è rivolto

Solo le PMI, non le Grandi imprese, così come disciplinate e definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6/5/2003, risultano essere le beneficiarie dell’intervento e delle prestazioni dell’Innovation Manager.

Vediamo quali sono i parametri per definire un’impresa come PMI:

Figura 1. Fonte: Guida all’Utente alla definizione di PMI. Commissione Europea

Quindi, possono beneficiare delle agevolazioni di cui al Voucher per consulenza in innovazione le imprese operanti su tutto il territorio nazionale che risultino possedere, alla data di presentazione della domanda nonché al momento della concessione del contributo, i requisiti di seguito indicati:

  1. qualificarsi come micro, piccola o media impresa ai sensi della normativa vigente;
  2. non rientrare tra le imprese attive nei settori esclusi dall’art. 1 del Regolamento UE n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013 “De Minimis”;
  3. avere sede legale e/o unità locale attiva sul territorio nazionale e risultare iscritte al Registro delle imprese della Camera di Commercio territorialmente competente;
  4. non essere destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 e risultare in regola con il versamento dei contributi previdenziali;
  5. non essere sottoposte a procedura concorsuale e non trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente ai sensi della normativa vigente;
  6. non aver ricevuto e successivamente non rimborsato o depositato in un conto bloccato aiuti sui quali pende un ordine di recupero, a seguito di una precedente decisione della Commissione Europea che dichiara l’aiuto come illegale e incompatibile con il mercato comune.

Possono inoltre beneficiare del Voucher anche le reti d’impresa composte da un numero non inferiore a tre PMI in possesso dei requisiti descritti, purché il contratto di rete configuri una collaborazione effettiva e stabile e sia caratterizzato dagli elementi di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto approvato il 10 maggio 2019.

Quali sono le spese ammissibili?

Si considerano ammissibili al contributo le spese sostenute a fronte di prestazioni di consulenza specialistica rese da un manager dell’innovazione qualificato, indipendente e inserito temporaneamente, con un contratto di consulenza di durata non inferiore a nove mesi, nella struttura organizzativa dell’impresa o della rete.

Nota bene: Per manager dell’innovazione qualificato e indipendente si intende un manager iscritto nell’apposito elenco costituito dal Ministero dello sviluppo economico oppure indicato, a parità di requisiti personali e professionali, da una società iscritta nello stesso elenco e che risulti indipendente rispetto all’impresa o alla rete che fruisce della consulenza specialistica.

La consulenza deve essere finalizzata:

  • a indirizzare e supportare i processi di innovazione, trasformazione tecnologica e digitale delle imprese e delle reti attraverso l’applicazione di una o più delle tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 individuate tra le seguenti:
  • big data e analisi dei dati;
  • cloud, fog e quantum computing;
  • cyber security;
  • integrazione delle tecnologie della Next Production Revolution (NPR) nei processi aziendali, anche e con particolare riguardo alle produzioni di natura tradizionale;
  • simulazione e sistemi cyber-fisici;
  • prototipazione rapida;
  • sistemi di visualizzazione, realtà virtuale (RV) e realtà aumentata (RA);
  • robotica avanzata e collaborativa;
  • interfaccia uomo-macchina;
  • manifattura additiva e stampa tridimensionale;
  • internet delle cose e delle macchine;
  • integrazione e sviluppo digitale dei processi aziendali;
  • programmi di digital marketing, quali processi trasformativi e abilitanti per l’innovazione di tutti i processi di valorizzazione di marchi e segni distintivi (c.d. “branding”) e sviluppo commerciale verso mercati;
  • programmi di open innovation.

Ovvero

  • a indirizzare e supportare i processi di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali, attraverso:
  • l’applicazione di nuovi metodi organizzativi nelle pratiche commerciali, nelle strategie di gestione aziendale, nell’organizzazione del luogo di lavoro, a condizione che comportino un significativo processo di innovazione organizzativa dell’impresa;
  • l’avvio di percorsi finalizzati alla quotazione su mercati regolamentati o non regolamentati, alla partecipazione al Programma Elite, all’apertura del capitale di rischio a investitori indipendenti specializzati nel private equity o nel venture capital, all’utilizzo dei nuovi strumenti di finanza alternativa e digitale quali, a titolo esemplificativo, l’equity crowdfunding, l’invoice financing, l’emissione di minibond.

Le specifiche circa contenuto e finalità delle prestazioni consulenziali, nonché durata e compenso, devono risultare da un contratto di consulenza sottoscritto dalle parti successivamente alla data di presentazione della domanda di ammissione al contributo.

Consapevoli dell’importanza che l’innovazione riveste nel processo di sviluppo delle imprese e del Paese in generale, Extero, con i suoi soci e forte della rete di professionisti dell’innovazione della quale fa parte, è in grado di poter fornire, a chi interessato, tutta l’assistenza necessaria per accedere al Voucher e accompagnare l’impresa nel suo processo di crescita interna ed esterna sfruttando al meglio le innovazioni tecnologiche, le tecnologie e le tecniche nate in questi ultimi anni ed in grado di garantire il vantaggio competitivo e la stessa sopravvivenza delle imprese in un contesto sempre più mondializzato.

Le fonti utilizzate sono state le seguenti:

Sito Ministero dello Sviluppo Economico

https://www.mise.gov.it/index.php/it/incentivi/impresa/voucher-consulenza-innovazione

Sito Invitalia

https://www.invitalia.it/chi-siamo/area-media/notizie-e-comunicati-stampa/voucher-innovation-manager-dal-27-settembre-al-via-le-iscrizioni-per-elenco-dei-manager

Sito Euroconference News

http:// https://www.ecnews.it/innovation-manager-i-requisiti-per-laccesso-allelenco/

Il Ghana come fulcro del futuro del libero scambio in Africa

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Articolo scritto da: Dott.ssa Virginia Maria Sabato

Nel corso del 12° Summit straordinario dell’Unione Africana (UA), svoltosi a inizio luglio 2019 a Niamey in Niger, il Ghana è stato scelto per ospitare il segretariato dell’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA nella sigla inglese, ZLEC in quella francese).

Per ottenere l’aggiudicazione del segretariato ha superato altri Paesi concorrenti tra cui Egitto, eSwatini, Etiopia, Kenya, Madagascar e Senegal.

In quanto area di libero scambio, i Paesi membri si sono riuniti e hanno pattuito di non imporre tariffe, quote e altri ostacoli al commercio di beni e servizi, con un accordo che dovrebbe allargare i mercati e diversificare le esportazioni, in particolare i prodotti manifatturieri. Secondo il think tank statunitense Brookings Institute, il commercio intra-africano si attesta al 14% circa, mentre la quota di manufatti nel resto del mondo è al 18%. Il commercio tra i Paesi asiatici è molto più elevato – al 59% – e ancora più elevato tra i Paesi europei, al 69%. La speranza è che la zona di libero scambio africana aumenti gli scambi in tutto il continente del 52% entro il 2022.

Il compito principale del segretariato sarà quello di attuare l’accordo di libero scambio, che è stato ratificato da 27 Paesi su 54 firmatari. Una volta che tutti avranno ratificato l’accordo, si creerà la più grande area di libero scambio del mondo dalla fondazione dell’Organizzazione mondiale del commercio nel 1995.

L’area di libero scambio dell’Africa coprirà un mercato di 1,2 miliardi di persone con un prodotto interno lordo (PIL) combinato di 2,5 trilioni di dollari.

Il lavoro del segretariato prevede di reclutare personale, formarlo e sviluppare le capacità organizzative. Dovrà inoltre attuare le politiche emanate dall’organo di governo, tenere informati i media, organizzare conferenze e identificare potenziali fonti di finanziamento. Monitorerà e valuterà anche lo stato di avanzamento di politiche e programmi.

Si tratta della prima volta per il Ghana, che non ha mai ospitato un segretariato continentale. La speranza è che possa emulare il successo di altre capitali africane che hanno tratto beneficio dall’aver ospitato l’UA e le Nazioni Unite. Per esempio Addis Abeba è sede del quartier generale dell’UA, mentre Nairobi ospita due dei più grandi organismi delle Nazioni Unite, così come il Sudafrica ospita il parlamento panafricano.

La presenza dell’UA ad Addis Abeba ha comportato un aumento delle valutazioni immobiliari nonché la creazione di nuovi posti di lavoro.

Nell’avanzare la sua offerta, il Ghana ha approfittato della sua posizione geografica strategica in Africa occidentale, operando un grande sforzo per rendere il Paese uno sbocco e un hub commerciale nell’Africa occidentale.

Perché il Ghana

Nell’illustrare le sue qualifiche per ospitare il segretariato, il governo del Ghana ha mostrato i risultati più importanti ottenuti dal Paese.

Questi hanno incluso il fatto che è stato un membro esemplare dell’UA. Ad esempio, nel 2007 è stato tra i primi Paesi ad essere revisionato dall’African Peer Review Mechanism, il meccanismo di autovalutazione utilizzato per misurare il buon governo.

Altro fattore che ha giocato a favore del Ghana è individuabile nel fatto che l’economia del Paese è protagonista di un rapido sviluppo, con una crescita media del PIL di circa il 6%.

In una delle sottoregioni più instabili del mondo, il Ghana ha anche una tradizione di relativa pace e sicurezza, un fattore chiave per ospitare un segretariato.

Inoltre, il Ghana ha avuto il vantaggio di conoscere la cooperazione commerciale attraverso la sua appartenenza alla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS).

Ospitare la segreteria dell’area di libero scambio comporterà infine sia costi che benefici – diretti e indiretti.

Costi e benefici

Il Ghana fa parte dei 15 membri dell’ECOWAS, sin dalla sua costituzione nel 1990. L’ente regionale ha introdotto una tariffa esterna comune nel 2015.

Sebbene il Ghana abbia goduto dei benefici dell’accordo, come molti altri Stati dell’Africa occidentale, non è stato in grado di sfruttare tutto il suo potenziale. Ad esempio, i controlli alle frontiere rimangono ingombranti, ritardando i transiti a causa dei numerosi punti di controllo; enormi pagamenti non ufficiali sono ancora richiesti alle frontiere.

Il costo più diretto per il Paese saranno i 10 milioni di dollari promessi dal Presidente, la dott.ssa Nana Addo Dankwa Akufo-Addo, per sostenere la creazione del segretariato. Si prevede tuttavia che l’UA contribuirà con propri fondi e sono stati presentati appelli ad agenzie di finanziamento internazionali.

La speranza del Ghana è che l’hosting del segretariato aumenterà il settore dell’ospitalità – e più in generale il settore dei servizi – generando una maggiore esposizione internazionale.

È previsto un impulso per la creazione di posti di lavoro dato che il segretariato dovrà assumere il personale, figure che vanno dagli economisti ai traduttori, amministratori e tecnici.

Non vi è una scadenza precisa per quando il segretariato dovrebbe essere operativo; l’UA stessa deve ancora superare una serie di ostacoli, tra cui l’adozione di una struttura, norme e regolamenti del personale e il bilancio del segretariato. Senza ombra di dubbio però, con l’assegnazione del segretariato al Ghana, viene dato il via alla prima fase operativa per sostenere scambi intra-africani.


Le fonti utilizzate sono state le seguenti:

Sito web Unione Africana, in particolare: https://au.int/sites/default/files/documents/36085-doc-qa_cfta_en_rev15march.pdf

United Nations – Economic Commission For Africa https://www.uneca.org/stories/ghana-prepares-host-african-continental-free-trade-area-afcfta-secretariat-it-organises-high

Uno sguardo agli incentivi governativi

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Articolo scritto da: Dott. Steven Mohamed

Iniziamo una serie di articoli che presentano gli incentivi che il Governo Italiano, attraverso l’operato di diversi attori, mette a disposizione del sistema produttivo del Paese per la sua crescita interna ed internazionale.
Rimanendo fedeli alla nostra mission, presenteremo dapprima gli strumenti volti all’internazionalizzazione delle nostre imprese.
Buona lettura e non esitate a contattarci per approfondimenti.

INTERNAZIONALIZZAZIONE

SUPPORTO ALL’EXPORT – LEGGE 295/1973

COS’È Il credito all’esportazione, nella duplice forma del credito acquirente e del credito fornitore, è uno strumento destinato a favorire le esportazioni di beni di investimento in tutti i paesi del mondo.
Il supporto finanziario si sostanzia in un contributo agli interessi su finanziamenti concessi da banche italiane o straniere.

A CHI SI RIVOLGE Tutte le imprese esportatrici di beni di investimento verso tutti i paesi del mondo (ad eccezione di quelli per i quali il Consiglio dell’Unione Europea abbia adottato misure restrittive).

AGEVOLAZIONI Stabilizzazione al tasso fisso CIRR e contributo in conto interessi su finanziamenti export concessi da banche italiane o straniere.
Lo strumento consente alle imprese esportatrici italiane di proporre agli acquirenti/committenti esteri dilazioni di pagamento a condizioni competitive in linea con gli accordi OCSE. La dilazione di pagamento deve essere pari o superiore a due anni dal punto di partenza del credito. La durata massima deve rispettare gli accordi internazionali in relazione alla categoria del Paese debitore ed alle tipologie di operazioni.

MODALITÀ La richiesta è presentata dalla banca italiana o estera.
Limitatamente alle operazioni di smobilizzo a tasso fisso (sconto) sul mercato estero, la richiesta può essere presentata direttamente dall’esportatore. La richiesta deve essere formulata sul modulo di domanda (o in conformità ad esso) e corredata della documentazione in esso elencata.


LINK https://www.simest.it/prodotti-e-servizi/supporto-allexport/supporto- allexport.kl

Strumenti a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese e del sistema economico spagnolo

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Articolo scritto da: Dott. Steven Mohamed

Iniziamo questo nostro viaggio che ci porterà a scoprire gli incentivi che lo stato spagnolo mette a disposizione delle sue imprese e del sistema economico in generale per internazionalizzare la propria economia e favorirne la crescita.

Perché la Spagna.  

L’interscambio commerciale tra i due Paesi è di tutto rilievo, superando nel 2018, i 23 mld di euro. La Spagna, infatti risulta essere il 4° Paese di destinazione del nostro export, con un trend in crescita, che si protrae dal 2015. L’Italia, dal canto suo, è il 3° Paese di destinazione delle esportazioni spagnole, dietro solamente a Francia e Germania.

Anche gli investimenti incrociati risultano di tutto rilievo. Infatti, la Spagna deteneva, a fine 2016, in Italia[1] investimenti per circa 7,6 mld di Euro, concentrati nei servizi e nello specifico nel settore finanziario ed assicurativo. Mentre, l’Italia a fine 2016, deteneva in Spagna investimenti per circa 36,5 mld di Euro, concentrati nei servizi e nello specifico nel settore dell’energia elettrica, gas, vapore ed aria condizionata (prodotti anche con energie rinnovabili).

La Spagna si presenta, ad un possibile investitore, come un Paese che ha superato la fase acuta della crisi e che si è avviato su un cammino di crescita, anche sostenuto dalla Programmazione Strategica decennale 2017 – 2027, che viene attuata con programmi biennali tesi a misurare la bontà delle previsioni e corregge il “tiro” qualora ve ne fosse bisogno.

La Spagna si presenta, inoltre, come uno dei mercati europei più attraenti, con 46 milioni di potenziali consumatori, con un’età media di 42,3 anni di età, ed un bacino supplementare di oltre di 70 milioni di turisti che visitano il paese ogni anno. Offre altresì una posizione privilegiata come porta di accesso al mercato dell’America Latina e del Nord Africa per i numerosi accordi bilaterali sottoscritti dal Paese[2].

I soggetti preposti allo sviluppo economico ed internazionale dell’economia spagnola.

Lo Stato spagnolo, come tutti i Paesi ad economia avanzata, ha un sistema di istituzioni che si occupano del sostegno e dello sviluppo delle attività economiche per incentivare la crescita, a livello nazionale ed internazionale, della propria economia.

In questo primo articolo ci occuperemo della COFIDES S.A. – Compañía Española de Financiación del Desarrollo – soggetto a partecipazione pubblica/privata preposto allo sviluppo economico internazionale dell’economia spagnola.

La COFIDES S.A. è lo strumento pubblico – privato di riferimento dell’Amministrazione Pubblica per la promozione degli investimenti, diretti ed indiretti, all’estero e per il finanziamento dello sviluppo sostenibile. Inoltre, è il referente del capitale di rischio pubblico e privato spagnolo all’estero.

Tra i suoi obiettivi possiamo annoverare:

  1. contribuire alla internazionalizzazione delle imprese e allo sviluppo dell’economia spagnola;
  2. promuovere lo sviluppo economico e sociale dei paesi in via di sviluppo ed emergenti.

Questi obiettivi possono essere messi in pratica utilizzando le sue risorse ed i fondi che ha in gestione per finanziare progetti di investimento esteri privati in tutti i paesi del mondo, compresi i Paesi dell’Unione Europea; per finanziare progetti all’estero che riguardano:

  1. creazione di una nuova impresa all’estero,
  2. ampliamento degli impianti già esistenti all’estero,
  3. acquisizione di imprese estere,
  4. apertura di un ufficio commerciale all’estero.

Attraverso i suoi fondi può intervenire nei progetti finanziando da un minimo di 75.000 Euro fino ad un massimo di 30 mln di Euro.

Tutti i suoi investimenti sono guidati da una logica di compartecipazione al rischio d’impresa e quindi la quota dalla COFIDES S.A. investita non supera mai la quota investita da chi presenta il progetto.

Di seguito, in sintesi, gli strumenti a disposizione per finanziare i progetti:

STRUMENTI:Partecipazione al capitale:Capitale e interessi: Partecipazione al capitale sociale di una società o di un veicolo il cui prezzo di disinvestimento è una quantità unica equivalente alla capitalizzazione dell’investimento più la capitalizzazione di una quota interessi. Capitale delimitato: Partecipazione al capitale sociale di una società o di un veicolo il cui prezzo di disinvestimento è compreso all’interno di una forbice di valori predeterminati. Capitale a prezzo aperto: Partecipazione al capitale sociale di una società o di un veicolo il cui prezzo di disinvestimento dipende dall’evoluzione del progetto. Prestiti:Senior:Ordinario: prestiti a tasso fisso, con un margine sopra il tasso di riferimento; Di coinvestimento: prestiti il cui tasso di interesse è fissato ad una variabile del progetto o del grado di internazionalizzazione. Subordinati: Prestiti non dato di privilegio rispetto ad altri crediti. Ordinario: prestiti a tasso fisso, con un margine sopra il tasso di riferimento; Di coinvestimento: prestiti il cui tasso di interesse è fissato ad una variabile del progetto o del grado di internazionalizzazione.

LINK: https://www.cofides.es/financiacion/internacionalizacion/instrumentos


[1] Dati al 2015 e 2016, fonte già ICE – Istituto per il Commercio Estero – ora ITA Italian Trade Agency.

[2] Fonte: Mercati esteri: http://www.infomercatiesteri.it/perchepaese.php?id_paesi=92#info_mercati_esteri_1