Approfondimenti

Gli strumenti finanziari erogati da SACE-SIMEST a supporto dell’internazionalizzazione delle aziende

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Articolo scritto da: Dott. Davide Tedeschi

Il presente lavoro ha carattere divulgativo – non avendo la pretesa di esporre in maniera esaustiva l’argomento trattato – ed ha quale fine quello di illustrare, in modo chiaro e sintetico, alcuni degli strumenti più significativi della SACE-SIMEST a sostegno dell’internazionalizzazione delle aziende[1].

Come noto, SACE-SIMEST – controllate dalla Cassa Depositi e Prestiti (CDP) – costituiscono il Polo italiano dell’Export e dell’internazionalizzazione e sostengono la competitività internazionale delle imprese in quasi 200 Paesi.

Per una più chiara esposizione, dopo una breve premessa inerente il Gruppo CDP e le società SACE e SIMEST, nel paragrafo B verranno delineati i più significativi servizi, a sostegno del percorso internazionale delle imprese italiane, erogati dalle suddette società suddividendoli per “famiglie” di prodotti, ossia:

  • Prodotti assicurativi;
  • Garanzie;
  • Finanziamenti;
  • Partecipazione al capitale.

A. Premessa

Ogni anno le linee guida e l’indirizzo strategico in materia di promozione all’estero e internazionalizzazione del nostro sistema produttivo vengono definite dalla Cabina di regia per l’Italia Internazionale.

Quest’anno sono state individuate le seguenti priorità:

  • garantire più efficacemente l’azione di sostegno all’internazionalizzazione (stanziamento finanziario più adeguato);
  • concentrare le risorse sulle attività strategiche che presentano più ampi margini di miglioramento e maggiore impatto su crescita e occupazione.

Coerente con tali linee guida e con il suddetto indirizzo strategico è il Piano industriale 2019-2021 di Cassa Depositi e Prestiti.

Il suddetto Piano prevede 200 miliardi di euro in tre anni a supporto di imprese, infrastrutture e territorio (oltre 110 miliardi di euro di risorse proprie per la crescita economica e lo sviluppo sostenibile del Paese ed oltre 90 miliardi di risorse aggiuntive da investitori privati e altre istituzioni territoriali, nazionali e sovranazionali).

La linea di intervento cd “CDP Imprese” stanzia 83 miliardi di euro per sostenere le imprese, attraverso un canale fisico rafforzato ed un canale digitale, con un’offerta integrata e focalizzata su:

  • innovazione;
  • crescita;
  • export.

Già nel primo semestre 2018 il Gruppo CDP ha supportato le imprese italiane sia in termini di risorse mobilitate pari ad euro 6,5 miliardi (+ 1% rispetto ai primi sei mesi del 2017) sia in termini di operazioni deliberate pari ad euro 15,6 miliardi (+ 3%).

SACE – SIMEST affiancano le imprese italiane nel loro sviluppo internazionale attraverso servizi assicurativi e finanziari.

Più in particolare, a titolo esemplificativo, la SACE annovera i seguenti strumenti:

  • credito all’esportazione;
  • assicurazione del credito;
  • protezione degli investimenti;
  • garanzie finanziarie;
  • cauzioni e factoring.

Ad integrazione di tale offerta ci sono gli strumenti della SIMEST quali:

  • partecipazione al capitale delle imprese;
  • finanziamenti a tasso agevolato;
  • export credit.

B. Gli strumenti a sostegno dell’internazionalizzazione 

Come già riferito in premessa, nel presente paragrafo verranno delineati i più significativi servizi, a sostegno del percorso internazionale delle imprese italiane, erogati dalle società SACE e SIMEST suddivisi per “famiglie” di prodotti, ossia:

  1. Polizze assicurative;
  2. Garanzie;
  3. Finanziamenti;
  4. Partecipazione al capitale.

Nelle pagine seguenti si riportano, per ogni strumento che compone la “famiglia” di prodotto, le seguenti informazioni:

  • Ente erogatore;
  • Soggetti beneficiari;
  • Caratteristiche dello strumento (sinteticamente);
  • Link per rinviare allo strumento.

B. 1. Le polizze assicurative

Con riferimento agli strumenti assicurativi, si riportano di seguito quelli ritenuti più significativi ai fini di agevolare l’internazionalizzazione delle imprese, ossia:

  1. BT Sviluppo Export;
  2. Assicurazione BT 360° | BT Facile Pmi;
  3. Recupero crediti esteri;
  4. Protezione dai rischi della costruzione.
  5. a) BT Sviluppo Export

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che esportano beni di consumo

Caratteristiche dello strumento: SACE assicura il fatturato dell’impresa dal rischio di mancato pagamento permettendo all’impresa di poter offrire ai clienti esteri dilazioni di pagamento competitive entro i 12 mesi

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/sviluppo-export_

  • b) Assicurazione BT 360° | BT Facile Pmi

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che vendono i propri prodotti o servizi in Italia e all’estero

Caratteristiche dello strumento: SACE assicura il credito dell’impresa coprendo i rischi di mancato pagamento, permettendo così all’impresa di avere un’offerta commerciale più competitiva

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/bt-360_

  • c) Recupero crediti esteri

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese di ogni settore e dimensione

Caratteristiche dello strumento: SACE recupera i crediti insoluti. Fornisce liquidità ed assistenza a 360° nelle procedure fallimentari, concordati preventivi, piani di risanamento e accordi di ristrutturazione

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/recupero-crediti_

  • d) Protezione dai rischi della costruzione

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese, in particolare Pmi, che effettuano lavori in Italia e all’estero, artigiani e professionisti che desiderano tutelare la sicurezza dei propri immobili

Caratteristiche dello strumento: Nell’esecuzione di opere e lavori in Italia e all’estero SACE copre qualsiasi danno materiale e diretto alle opere oggetto della costruzione, comprese le opere preesistenti, e i danni involontariamente cagionati a terzi

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/rischi-costruzione

B. 2. Le garanzie

Per quanto attiene le garanzie, gli strumenti ritenuti più significativi, ai fini di agevolare l’internazionalizzazione delle imprese, sono i seguenti:

  1. Garanzie finanziarie;
  2. Garanzie contrattuali;
  3. Garanzie Iva e doganali;
  4. Garanzia per impegni di pagamento.
  5. Garanzie finanziarie

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che:

  • effettuano investimenti di sviluppo all’estero;
  • esportano o eseguono lavori in tutto il mondo.

Caratteristiche dello strumento: SACE garantisce le banche dal rischio di mancato rimborso del finanziamento da parte dell’impresa permettendo un accesso facilitato a finanziamenti bancari destinati a investimenti per forniture ed esecuzione di lavori all’estero

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/garanzie-finanziarie

  • b) Garanzie contrattuali

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che effettuano lavori, opere civili e infrastrutturali e che partecipano a gare d’appalto in Italia e all’estero

Caratteristiche dello strumento: Nella partecipazione a gare d’appalto e nell’aggiudicazione di lavori e commesse in Italia e nel mondo, SACE supporta la banca dell’impresa  nell’emissione delle fideiussioni richieste dai clienti italiani ed esteri

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/garanzie-contrattuali

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che:

  • operano frequentemente con la dogana;
  • titolari di depositi doganali o merci;
  • vantano crediti Iva.

Caratteristiche dello strumento: Nelle operazioni doganali e nel caso in cui l’impresa abbia crediti Iva, la SACE fornisce le garanzie necessarie richieste per legge

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/garanzie-iva-e-doganali

  • d) Garanzia per impegni di pagamento

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese di ogni settore e dimensione

Caratteristiche dello strumento: Nel regolamento dei pagamenti esteri, per la partecipazione a gare internazionali e per ottenere finanziamenti in valuta locale o prestare garanzie all’estero, la SACE garantisce le banche italiane o estere dal rischio di mancato pagamento degli impegni di firma emessi su ordine dell’impresa

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/garanzie-per-impegni-di-pagamento

B. 3. I finanziamenti

Con riferimento ai finanziamenti, gli strumenti ritenuti più significativi, ai fini di agevolare l’internazionalizzazione delle imprese, sono i seguenti:

  1. Credito Fornitore;
  2. Credito Acquirente;
  3. Trade Finance;
  4. Factoring;
  5. Reverse Factoring;
  6. Finanziamento degli Studi di fattibilità;
  7. Programmi di inserimento sui mercati extra UE;
  8. Programmi di assistenza tecnica.
  9. Credito Fornitore

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che esportano beni strumentali o eseguono lavori infrastrutturali all’estero

Caratteristiche dello strumento: Nella vendita di beni strumentali e nell’esecuzione di lavori all’estero, la SACE offre al cliente dell’impresa dilazioni di pagamento competitive superiori a 24 mesi proteggendo l’impresa stessa dal rischio di mancato pagamento o di revoca del contratto

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/polizza-credito-fornitore_

  • Credito Acquirente

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che esportano o eseguono lavori infrastrutturali all’estero

Caratteristiche dello strumento: SACE mette a disposizione del cliente estero un pacchetto finanziario a condizioni vantaggiose per l’acquisto dei prodotti e servizi dell’impresa

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/polizza-credito-acquirente_

  • c) Trade Finance

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese che esportano o eseguono lavori all’estero

Caratteristiche dello strumento: SACE fornisce all’impresa la liquidità dei crediti derivanti dalle vendite dei prodotti all’estero o dallo svolgimento dei lavori all’estero permettendo all’impresa anche di offrire ai clienti dilazioni di pagamento competitive

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/trade-finance_

  • d) Factoring

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Imprese di ogni settore e dimensione

Caratteristiche dello strumento: Con i prodotti di factoring la SACE fornisce liquidità all’impresa che cede al factor i crediti commerciali vantati verso uno o più debitori

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/factoring

  • e) Reverse Factoring

Ente erogatore: SACE

Soggetti beneficiari: Grandi imprese o Pubbliche Amministrazioni (PA)

Caratteristiche dello strumento: Con gli accordi di Reverse Factoring l’azienda consente ai propri fornitori di cedere al factor i loro crediti, ottimizzando i flussi di cassa per forniture ricorrenti

https://www.sace.it/prodotti-e-servizi/prodotto/reverse-factoring_

  • f) Finanziamento degli Studi di fattibilità

Ente erogatore: SIMEST

Soggetti beneficiari: Imprese italiane aventi sede legale in Italia

Caratteristiche dello strumento: L’intervento consiste nel finanziamento dello studio di fattibilità finalizzato a valutare l’opportunità di investire all’estero

https://www.simest.it/prodotti-e-servizi/finanziamenti-per-linternazionalizzazione/studi-di-fattibilita/finanziamento-studi-di-fattibilita.kl

Ente erogatore: SIMEST

Soggetti beneficiari: Imprese italiane aventi sede legale in Italia

Caratteristiche dello strumento: L’intervento consiste nel finanziare la realizzazione di strutture commerciali in Paesi esteri agevolando l’ingresso dell’impresa in tali nuovi mercati

https://www.simest.it/prodotti-e-servizi/finanziamenti-per-linternazionalizzazione/programmi-di-inserimento-sui-mercati-extra-ue/programmi-di-inserimento-sui-mercati-extra-ue.kl

  • h) Programmi di assistenza tecnica

Ente erogatore: SIMEST

Soggetti beneficiari: Imprese italiane aventi sede legale in Italia

Caratteristiche dello strumento: Tale intervento si sostanzia nel finanziamento della formazione del personale nelle iniziative di investimento in Paesi extra UE

https://www.simest.it/prodotti-e-servizi/finanziamenti-per-linternazionalizzazione/programmi-di-assistenza-tecnica/programmi-di-assistenza-tecnica.kl

B. 4. La partecipazione al capitale

Per quanto attiene la partecipazione al capitale, gli strumenti ritenuti più significativi, ai fini di agevolare l’internazionalizzazione delle imprese, sono i seguenti:

  1. a) Patrimonializzazione delle PMI esportatrici

Ente erogatore: SIMEST

Soggetti beneficiari: PMI italiane, costituite in forma di società di capitali, che nell’ultimo triennio abbiano realizzato all’estero almeno il 35% del proprio fatturato

Caratteristiche dello strumento: Tale intervento si sostanzia nel finanziare la solidità patrimoniale per stimolare la competitività internazionale con il Fondo 394/81 e con l’intervento del Fondo per la crescita sostenibile, che consente di ridurre le garanzie richieste per l’utilizzo del finanziamento

https://www.simest.it/prodotti-e-servizi/finanziamenti-per-linternazionalizzazione/patrimonializzazione-delle-pmi-esportatrici/patrimonializzazione-delle-pmi-esportatrici.kl

  • b) Partecipazione al capitale di imprese extra UE

Ente erogatore: SIMEST

Soggetti beneficiari: Imprese italiane aventi sede legale in Italia di qualunque dimensione

Caratteristiche dello strumento: Tale intervento consiste nell’affiancamento alla partecipazione al capitale offrendo la possibilità di beneficiare di un contributo interessi sulla quota di partecipazione. In particolare, prevede una partecipazione diretta di SIMEST, fino al 49% del capitale dell’impresa estera (con sede in un Paese extra UE) e comunque non superiore alla partecipazione dell’impresa italiana promotrice

https://www.simest.it/prodotti-e-servizi/partecipazione-al-capitale/partecipazione-al-capitale-di-imprese-extra-ue/partecipazione-al-capitale-di-imprese-extra-ue.kl

Ente erogatore: SIMEST

Soggetti beneficiari: Imprese italiane che realizzano in Europa investimenti produttivi, commerciali o di innovazione tecnologica nell’ambito di un programma di sviluppo internazionale

Caratteristiche dello strumento: Con tale intervento la SIMEST partecipa al capitale dell’impresa europea con vocazione all’innovazione e all’internazionalizzazione. Più in particolare, l’intervento consiste nella partecipazione diretta di SIMEST fino al 49% del capitale dell’impresa europea; la partecipazione non prevede l’affiancamento di strumenti agevolativihttps://www.simest.it/prodotti-e-servizi/partecipazione-al-capitale/partecipazione-al-capitale-di-imprese-ue/partecipazione-al-capitale-di-imprese-ue.kl


[1] Le fonti utilizzate sono state le seguenti:

  • Cabina di regia per l’Italia Internazionale VII riunione – Farnesina, 11 settembre 2018 Documento conclusivo;
  • Sito web Cassa Depositi e Prestiti;
  • sito web SACE;
  • sito web SIMEST.

La residenza fiscale delle Persone Giuridiche: riflessioni introduttive

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Articolo scritto da: Dott. Pier Luigi Sterzi

L’esterovestizione di un soggetto può essere definita, in una accezione generale, come un fenomeno dissociativo fra residenza formale e residenza sostanziale, posta in essere al fine di beneficiare di un regime fiscale più vantaggioso rispetto a quello del Paese di effettiva appartenenza.
Il punto di partenza, nell’analisi del fenomeno in esame, è perciò il concetto stesso di residenza fiscale, disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 73 3° comma per le persone giuridiche – per il quale “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
E’ appena il caso di ricordare che, oltre che dalle norme di diritto interno, la residenza viene regolamentata dalle norme previste nelle convenzioni bilaterali contro la doppia tassazione internazionale.
La norma di fonte pattizia serve, in particolare, a risolvere i conflitti di residenza tra due diversi Stati che considerano, entrambi, il medesimo soggetto residente nel proprio territorio nazionale.
La disposizione convenzionale stabilisce, perciò, un criterio univoco per determinare la residenza di un soggetto, oppure un sistema di graduazione dei diversi criteri di collegamento: nelle convenzioni stipulate in conformità del modello OCSE, la prima metodologia viene utilizzata per le persone giuridiche, prevedendo, quale criterio unico per la risoluzione dei conflitti di residenza, il criterio del “place of effective management”, mentre la seconda metodologia viene utilizzata per le persone fisiche, dove la residenza viene stabilita avendo riguardo, in linea gerarchica, al luogo dell’abitazione principale, al centro degli interessi vitali, al luogo in cui soggiorna abitualmente ed infine alla nazionalità del soggetto.

Per capire la portata concreta della norma convenzionale in relazione al fenomeno delle esterovestizioni, si deve sottolineare che, quando vi sia un effettivo conflitto di residenza tra i due Paesi contraenti, e nei limiti delle disposizioni contenute nella convenzione, l’unico criterio valorizzabile per stabilire la residenza del contribuente è quello previsto dalla norma pattizia, in quanto quest’ultima, per il principio di specialità, deve ritenersi prevalente rispetto alle norme dell’ordinamento interno.
Ciò comporta che l’amministrazione finanziaria, al fine di fissare, ad esempio, la residenza di una società con sede legale in uno Stato con cui è stata stipulata una convenzione bilaterale (e quindi ivi residente in applicazione della normativa interna di quest’ultimo), non potrà fare leva sulla localizzazione dell’oggetto dell’attività, ma potrà unicamente valorizzare il criterio previsto dalla norma convenzionale (il “place of effective management” appunto).

Il place of effective management

Per il fine che ci si è prefissati, è bene iniziare dall’analisi del concetto di “sede di direzione effettiva”, che rappresenta, come detto, il criterio fondamentale per la determinazione della residenza sostanziale degli enti, soprattutto in virtù della sua valenza come criterio convenzionale per dirimere i conflitti di residenza. Inoltre, come sottolineato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, il criterio del “place of effective management” può ben essere tradotto con il concetto di “sede dell’amministrazione”, previsto dall’art. 73 del Tuir, sicché i due concetti possono ritenersi equivalenti.
In sede di commentario OCSE, vengono fornite alcune linee guida interpretative: secondo tale documento, la “sede di direzione effettiva” deve essere individuata nel luogo di assunzione delle decisioni chiave (di natura gestionale e commerciale) necessarie per la conduzione dell’attività della persona giuridica, nel luogo dove la persona o il gruppo di persone che esercitano le funzioni di maggior rilievo assumono ufficialmente le loro decisioni, o ancora nel luogo di determinazione delle strategie che dovranno essere adottate dall’ente nel suo insieme. La valutazione di tali elementi deve essere sempre fatta in un’ottica di prevalenza della sostanza sulla forma, come ricorda esplicitamente lo stesso commentario per cui “la determinazione del luogo della direzione effettiva è una questione di fatto, nella quale occorre far prevalere la sostanza sulla forma”.
L’individuazione della sede di direzione effettiva con il luogo da cui promanano le direttive del vertice societario è condivisa anche dalla giurisprudenza interna sia in ambito propriamente tributario, sia in ambito più prettamente civilistico, posto che il concetto di “sede dell’amministrazione” si ritrova anche nella definizione civilistica di residenza per le persone giuridiche, ai sensi dell’art. 25 l. n. 218/1995.
In prima battuta, perciò, la sede dell’amministrazione può essere concretamente individuata nell’effettivo luogo dove il consiglio di amministrazione (o comunque l’organo gestorio) si riunisce e delibera, o, nei casi di delega (amministratore delegato o comitato esecutivo), il luogo dove la delega viene materialmente adempiuta, sempreché essa non si rilevi una pura “ripetizione non autonoma” delle decisioni già prese in sede di Cda .
Sempre in una visione sostanzialistica del criterio del “place of effective management ”, potrà essere valorizzato anche il luogo in cui venga convocata l’assemblea dei soci, quando sia dimostrabile che il potere gestorio dell’ente sia detenuto nella sostanza da uno o più soci di riferimento, o, addirittura, il luogo di residenza di un socio, qualora il suo grado di ingerenza nell’amministrazione dell’ente risulti molto evidente, tale da ritenere l’ente stesso una sua mera “appendice”.
Sotto quest’ultimo profilo, l’interpretazione del criterio della “sede dell’amministrazione” pone alcuni rilevanti problematiche, in particolare con riguardo alle società appartenenti a gruppi societari. All’interno dei gruppi, infatti, il potere gestorio di ciascuna società è sempre condizionato, secondo gradi di intensità diversi, dall’attività di “direzione e coordinamento” svolta dalla società capogruppo, che stabilisce le linee strategiche, definisce l’assetto organizzativo e decide sulle operazioni di maggior rilevanza per l’intero gruppo, anche qualora esse vengano poi poste in essere in capo ad una società partecipata.
In tale contesto, la sede di direzione effettiva non potrà essere intesa come il luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche, in quanto tali decisioni vengono assunte a livello della capogruppo (o comunque, a livello di altre società sopraordinate), ma dovrà essere interpretato come il luogo in cui vengono assunte le decisioni relative all’amministrazione propria dell’ente, che in una società appartenente ad un gruppo societario, si limitano tendenzialmente alla “gestione e direzione quotidiana”. Diversamente, si assisterebbe all’inaccettabile conclusione che il “place of effective management” di tutte (o quantomeno gran parte) delle società appartenenti ad un gruppo debba essere ricondotto presso le strutture di comando della capogruppo, con la conseguenza che, qualora non sia evidente il radicamento delle società nel territorio degli Stati esteri in cui sono situate le loro sedi legali, esse potrebbero essere considerate fiscalmente residenti nello Stato della capogruppo, con buona pace della libertà di stabilimento garantita in sede comunitaria .
Per stabilire, perciò, quando l’ingerenza del socio rientri nell’attività di direzione e controllo e quando invece ne ecceda, sostituendosi alla stessa attività di amministrazione dell’ente controllato, si dovrà avere riguardo all’attività che si è definita di “gestione e direzione quotidiana dell’ente”: essa si concretizza, in sostanza, in tutte le attività “ordinarie” e caratterizzate da una certa continuità, come, ad esempio, l’attività di organizzazione e di controllo dei processi e dei fattori produttivi, la gestione del personale, le attività di relazione con i terzi, la stipula di contratti inerenti alla gestione ordinaria, gli incassi e i pagamenti (significativo è ad esempio stabilire chi ha l’effettiva titolarità dei conti correnti intestati all’ente e chi di fatto ne dispone), gli adempimenti fiscali. Si dovrà però avere attenzione a non confondere questa tipologia di attività con una mera attività di back office: la “gestione e direzione ordinaria” deve comunque esprimere un’attività di direzione, in cui la componente decisionale e di responsabilità deve essere preminente.
Se, perciò, tutte, o quantomeno la maggior parte, di queste attività di “ordinaria amministrazione” possono essere ricondotte direttamente al socio, ben si potrebbe sostenere che l’ente viene di fatto amministrato direttamente dal socio di riferimento, e quindi la sede dell’amministrazione potrà essere ragionevolmente individuata nella sede stessa della capogruppo.
Contrariamente, invece, se nella società partecipata si riscontra l’autonomo svolgimento delle attività di “gestione quotidiana”, ancorché ridotte ai minimi termini per effetto della penetrante ingerenza della capogruppo, non potrà essere legittimamente affermato che la sede dell’amministrazione dell’ente debba essere individuata presso la sede della capogruppo, ma andrà individuata nel luogo in cui concretamente le attività di gestione ordinaria vengono svolte .

Ma anche al di là di quanto finora precisato, la localizzazione della sede di direzione effettiva per le società appartenenti a gruppi societari dovrebbe avvenire avendo ben presente la tendenza a concentrare, in capo alla capogruppo, le decisioni strategiche per tutte le società controllate. Per le società appartenenti a gruppi societari, perciò, l’individuazione della sede di direzione presso i locali di comando della controllante, potrà essere legittimamente sostenuta solo se lo svuotamento decisionale della controllata risulti tale da eccedere il “tradizionale” accentramento delle “funzioni decisorie” in seno alla capogruppo. Il confronto non dovrà però essere fatto solamente in relazione ad un fantomatico “grado di accentramento” medio, riscontrabile negli altri gruppi societari, ma dovrà sopratutto essere svolto in relazione a quanto succede nei confronti delle altre società del medesimo gruppo. Così, se per tutte le società consociate si riscontra l’accentramento delle funzioni di pianificazione strategica, finanza e coordinamento amministrativo e contabile, in capo alla controllante, queste attività non potranno essere valorizzate per determinare il luogo in cui deve essere localizzato il “place of effective management” della singola controllata.
Alla luce di quanto sin qui rappresentato, va ribadito, quindi, che nel configurare l’“esterovestizione” non rilevano elementi strutturali quali l’attività di direzione e coordinamento strategico, o l’attività accentrata di “gestione” di taluni servizi finalizzata al risparmio di costi, elementi questi che sono del tutto connaturati ed ordinari nel fenomeno che possiamo definire “di gruppo”, e che nulla c’entrano, a ben vedere, con la residenza fiscale della singola società che lo compone..

Un altro profilo da considerare per una corretta interpretazione del criterio del “place of effetcitve management” è il seguente.

L’attività di amministrazione – sia se intesa come attività di determinazione delle scelte strategiche, sia, nel caso dei gruppi societari, come “gestione ordinaria” dell’ente – risulta essere un’attività tendenzialmente priva di un chiaro collegamento territoriale, essendo essenzialmente basata su processi cognitivi e relazionali, che, grazie anche alle moderne tecnologie, possono essere comunicati e resi esecutivi in tempi brevissimi anche in luoghi molto distanti uno dall’altro.
Se si vuole garantire la sostanzialità del criterio della “sede di direzione effettiva”, non si potrà ritenere sufficiente, al fine della verifica dello stesso, l’individuazione del luogo in cui si sono svolte le riunioni dei soggetti che amministrano l’ente, in quanto la sola valorizzazione di questi elementi comporterebbe, data la facilità di trasferimento dei soggetti e la possibilità di utilizzare forme di riunione a distanza (ad esempio la videoconferenza) , la possibilità per il contribuente di localizzare il “place of effective management” a proprio piacimento, sganciandolo perciò dallo Stato di effettiva residenza. Inoltre, la valorizzazione del solo luogo in cui gli amministratori si riuniscono per deliberare, non garantisce che l’attività di amministrazione si sia lì effettivamente svolta con la continuità temporale prevista dalle norme sulla residenza, in quanto le riunioni dell’organo gestorio sono solamente momenti “istantanei”, la cui frequenza nell’anno è solitamente limitata.
Per determinare in modo sostanziale il luogo di localizzazione del “place of effective management”, diviene allora maggiormente significativa la figura stessa delle persone fisiche che amministrano l’ente, ed in particolare la loro residenza.
Si deve infatti tener conto che, in sede processuale, l’accertamento della localizzazione della sede di gestione effettiva avverrà inevitabilmente sulla base di elementi indiziari, proprio per effetto della “alta volatilità territoriale” dell’attività di amministrazione e dell’interpretazione “aperta” del criterio in esame: nell’influenzare il libero convincimento del giudice, sarà allora fondamentale apportare presunzioni (ancorché semplici) che risultino ragionevoli ed in linea con comportamenti “comuni” e tendenzialmente non anti-economici.
Così, ad esempio, qualora l’organo gestorio fosse costituito prevalentemente dai medesimi soggetti che costituiscono il board della capogruppo (tra cui, magari, anche quelli delegati all’amministrazione ordinaria), è ovvio che la presunzione che vi sia “commistione” tra socio di riferimento ed ente partecipato sarà particolarmente forte, e quindi, l’asserzione che il “place of effective management” debba essere individuato nei luoghi di comando della stessa capogruppo sarà più difficile da superare, anche al di là del fatto che il consiglio di amministrazione si fosse effettivamente riunito presso la sede legale della partecipata .

Altrettanto forte risulterà la presunzione che l’attività di amministrazione sia effettivamente svolta nel paese di residenza degli amministratori, quando la maggior parte di essi sia residente in uno stesso Stato diverso da quello in cui ha sede l’ente amministrato: in una siffatta situazione, risulterà poco credibile, perché particolarmente anti-economico, poter pensare che gli amministratori svolgano effettivamente la propria attività decisionale nel paese in cui ha sede la società, ivi trasferendosi “quotidianamente” (o quantomeno con quella continuità prevista dalla norma); risulterà, invece, più logico pensare che i processi decisionali si siano effettivamente formati nel paese di residenza della maggior parte degli amministratori (sia in un primo step come processo decisionale individuale, sia in un secondo step, come processo collettivo dovuto al confronto tra i diversi soggetti).
Come già detto in precedenza, qualora vi siano delle deleghe per l’ordinaria amministrazione a favore di uno o più amministratori, per localizzare la sede di gestione effettiva si dovrà preferire il luogo dove la delega è adempiuta, proprio perché i compiti delegati hanno tendenzialmente una ripetitività temporale che risulta più idonea a stabilire l’esistenza del collegamento territoriale, rispetto alle mansioni che rimangono di competenza dell’organo gestorio nella sua interezza (la straordinaria amministrazione), che sono invece caratterizzate da una frequenza episodica. In questi casi, perciò, la presunzione di residenza dell’ente si baserà più verosimilmente sulla residenza dei soli amministratori delegati, quando si riesca a corroborare ciò con evidenze fattuali che confermino che le deleghe sono effettivamente adempiute da tali soggetti e, quindi, non puramente formali.
E’ in questi termini che va inquadrato il non infrequente caso in cui, in una struttura di gruppo, il presidente del Consiglio di amministrazione della controllante rivesta la medesima carica anche nelle controllate. In questi casi, infatti, spesso il Presidente del CdA delle controllate si limita a svolgere una funzione di mero indirizzo, senza ingerirsi nell’operatività amministrativa e gestionale della società stessa, che in concreto viene affidata agli amministratori delegati o comunque a dirigenti muniti di ampie procure. Ebbene, in siffatti casi è evidente come la particolarità e limitatezza della funzione in questione sia inidonea a far assumere rilevanza, per determinare la residenza fiscale delle controllate, all’attività svolta dal presidente del board.
La stessa identificazione dei soggetti che amministrano l’ente può comportare accertamenti di fatto volti a verificare se l’attività di amministrazione sia effettivamente svolta dai soggetti formalmente investiti del ruolo di amministratori, o se, invece, il potere gestorio dell’ente debba essere ricondotto a soggetti diversi: ciò può succedere, sia con riferimento al socio di riferimento, che spesso risulta essere, come già detto, l’effettivo amministratore dell’ente partecipato, sia in riferimento ad altre figure, che spesso non rivestono nessun ruolo interno alla società, ma l’amministrano per mezzo di rapporti contrattuali di vario genere. Si ricorda, a tal riguardo, il caso deciso dalla Commissione Tributaria Centrale, che ritenne fiscalmente residente in Italia una società panamense che aveva dato formale procura quale “agente generale” ad una persona fisica residente a Napoli, la quale eseguiva di fatto la generalità degli interessi della società. L’ampiezza della procura e gli elementi di fatto riscontrati dall’Amministrazione Finanziaria (l’estrema libertà di manovra e la commistione tra il patrimonio sociale e i conti correnti del procuratore), avevano indotto i giudici a confermare la ricostruzione dell’Ufficio accertatore, che aveva ritenuto residente in Italia la società stessa per avere in Italia (presso il domicilio del procuratore) l’effettiva sede dell’amministrazione.

Per una volta è semplice l’incentivo patent-box ma è meglio chiederlo presto

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Articolo scritto da: Dott.ssa Maria Rosaria Leccese

Al seguente link il pdf dell’articolo comparso sulla rivista ANDAF: pdf dell’articolo su ANDAF

Di seguito il solo testo dell’articolo:

Con l’articolo 1, commi da 37 a 45 della legge 23/12/2014, n. 190 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, è stato introdotto un regime di tassazione agevolato e opzionale sui redditi derivanti dall’utilizzazione di beni immate-riali e, a determinate condizioni, sulle relative plusvalenze. L’opzione ha durata pari a cinque periodi di imposta, è irrevocabile e rinnovabile e non va esercitata necessariamente su tutti i beni immateriali detenuti dai soggetti beneficiari.

Possono avvalersi dell’agevolazione i titolari di reddito di impresa (ivi incluse le stabili organizzazio-ni in Italia) che svolgano attività di ricerca e sviluppo anche per il tramite di contratti di ricerca stipulati con altre società o enti. L’agevolazione consiste nella detassazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP del 50% del “reddito agevolabile”.

Per reddito agevolabile si intende la parte del reddito imponibile riconducibile all’utilizzo sia diretto che indiretto dei beni immateriali moltiplicata per un coefficiente dato dal rapporto tra costi diretti ed indiretti, per le attività di ricerca riconducili al bene e per il relativo acquisto, sostenuti nell’esercizio e nei tre esercizi antecedenti. In caso di utilizzo diretto dei beni immateriali, ai fini della determinazione del reddito agevolabile, occorre individuare il contributo economico del bene stesso alla produzione del reddito complessivo del contribuente.

È obbligatorio a tal fine presentare un’istanza di ruling all’Amministrazione finanziaria. Preme rilevare tuttavia che nel caso di istanza di ruling presentata da piccole e medie imprese (con meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o un totale di bilancio annuo che non ecceda i 43 milioni di euro), non è obbligatorio illustrare i metodi ed i criteri di calcolo del contributo economico alla produzione del reddito e le ragioni che li motivano, poiché i predetti metodi e criteri potranno essere definiti in contraddittorio con l’ufficio nel corso della procedura di accordo preventivo. La prassi della Agenzia delle Entrate conferma infatti le modalità di semplificazione del ruling per le piccole e medie imprese.

Per fruire della agevolazione a partire dal periodo di imposta 2018 occorre esercitare l’opzione nella relativa dichiarazione dei redditi e presentare l’istanza di ruling entro il 31 dicembre 2018. Per cogliere questa interessante opportunità occorre tener presente che le istanze vengono prese in esame sulla base di un criterio cronologico. Si impone quindi di anticiparne l’inoltro il prima possibile rispetto alla data di scadenza.

Il mercato dell’integrazione alimentare negli Emirati Arabi Uniti

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Articolo scritto da: Dott.ssa Marina Augello

Il mercato dell’integrazione e dei nutraceutici registra una crescita di consumi maggiore rispetto alle altre categorie merceologiche vendute al dettaglio.

Il mercato degli integratori alimentari negli Emirati Arabi Uniti è in forte crescita, nel 2018 la vendita degli integratori per sportivi, vitamine, dimagranti e nutraceutici è cresciuta del 20%  rispetto a tutte le altre categorie merceologiche.

Di fatto l’integrazione alimentare è diventata una delle tendenze di mercato più interessanti specialmente ad Abu Dhabi e Dubai. 

In anni recenti, l’aumento delle persone affette da obesità, inclusi bambini, e il dilagare di malattie legate a tale condizione quali problemi cardiovascolari, diabete, problemi alle ossa e altre patologie croniche, ha preoccupato i governi di Abu Dhabi e Dubai inducendoli a promuovere l’importanza di una sana e corretta alimentazione e dell’esercizio fisico tramite campagne di informazione sistematiche, l’incremento della spesa pubblica a favore di centri sportivi e attrezzature sportive per le aziende pubbliche, e incentivi per le aziende private che aderiscono alle iniziative del governo quali “Dubai fitness week challenge”.

Un altro aspetto che ha contribuito a rafforzare, e continua a far crescere il mercato dell’integrazione negli Emirati è la penetrazione dell’ideale di bellezza occidentale che predilige ed esalta corpi snelli e muscolosi come modelli da incarnare e imitare.

La pubblicità occidentale, promossa tramite i media e le celebrità del cinema e dei social media, ha scardinato la tradizionale predilezione Mediorientale per corpi “rotondi”- per non dire sovrappeso- innescando un meccanismo di consumi per l’integrazione alimentare che aiuta a raggiungere il peso forma e una buona struttura muscolare.

Secondo le previsioni statistiche della camera dell’industria e del commercio degli Emirati e dell’istituto di ricerca economica  Techsci research il mercato dell’integrazione negli Emirati supererà i 139 milioni di dollari nel 2023.

Il mercato degli Emirati Arabi uniti rimane il più ambito dalle aziende italiane ed europee:

  • Una popolazione a densità demografica limitata consuma proporzionalmente più dei paesi MEDA ad alta densità di popolazione – Vedi grafico A1 per consumi settore Health and Fitness.
  • Gli Emirati hanno politiche economiche più snelle e meno protezioniste rispetto agli altri paesi dell’area MEDA.
  • Le condizioni per l’esportazione negli Emirati sono molto più agibili e meno costose rispetto ad altri paesi dell’area.
  • La situazione politica è stabile e i governi locali sono aperti al dialogo al commercio con i paesi occidentali.
  • La popolazione degli Emirati composta da locals (emiratini), residenti stranieri (Expats), grazie anche all’incremento di turisti in visita sia per lavoro che per vacanze, è più recettiva alle tendenze e alle mode occidentali rispetto ai paesi limitrofi (GCC).

I requisiti delle aziende italiane per esportare prodotti di integrazione negli Emirati:

  • Credibilità e certificazioni degli ingredienti utilizzati.
  • Novità degli ingredienti e novità di formulazioni.
  • Sicurezza degli ingredienti.
  • Studi clinici e ricerca dei benefici nell’utilizzo degli ingredienti.
  • Rigore scientifico.
  • Conoscenza dei diversi gruppi etnici residenti negli Emirati – studio target.
  • Claim – metodo di comunicazione rispetto ad altri paesi.

Lista dei prodotti di integrazione maggiormente venduti dal 2015 al al 2018: 

  • Prodotti per sportivi (proteine sia in forma solubile che in forma di barrette, snack e pasti sostitutivi).
  • Prodotti coadiuvanti del peso forma (dimagranti, anti-fame, brucia grassi, sia in forma di compresse sia in forma solubile come the e caffè).
  • Vitamine, omega 3, nutraceutici, integrazione per la bellezza quali ristrutturanti unghie, capelli e pelle.
  • Prodotti naturali per la prevenzione del colesterolo e del diabete.
  • Prodotti naturali anti-infiammatori come curcuma, arnica, artiglio del diavolo, spirea.

Il futuro delle aziende Italiane per essere tra i big dell’integrazione in Medioriente sarà determinato dai seguenti fattori:

  • La validità dei prodotti proposti.
  • La capacità di trovare e sviluppare rapporti solidi con partner locali-gruppi di acquisto.
  • La capacità di penetrare il mercato degli Emirati tramite campagne di comunicazione mirata.
  • La scientificità e unicità delle formulazioni proposte.
  • La flessibilità nel seguire e/o promuovere mode di mercato.
  • Gli investimenti nei paesi di riferimento tra cui annoveriamo training del personale nei negozi degli Emirati (farmacie, parafarmacie, negozi di nutrizione …).
  • Investimenti di marketing come brand awareness, brand image, brand positioning e brand strategy.

Grafico A1

Grafico A1 – L’Arabia Saudita conta 27 Milioni di abitanti, l’Egitto supera i 104 Milioni mentre la popolazione degli Emirati è di solo 9.4 Milioni –

L’industria Helth and Fitness / integrazione alimentare, dimagranti, proteine.  Proiezione dei consumi.  Il mercato degli Emirati rimane tra i più significativi in termini di consumi e tra i più remunerativi in termini di turn over delle aziende esportatrici in quanto i costi di esportazione sono più bassi rispetto agli altri paesi dell’area Mena.

Proiezione annuale mercato dei Nutraceutici negli Emirati.

Internazionalizzazione delle aziende italiane negli Emirati Arabi Uniti

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Articolo scritto da: Dott.ssa Marina Augello

Introduzione

Gli Emirati sono una federazione di sette stati (monarchie ereditarie assolute) nata nel 1971 (il 2 dicembre 2018 compiranno 47 anni). Fanno parte del Gulf Cooperation Council (a cui aderiscono anche Oman, Arabia, Bahrain, Kuwait, Qatar quest’ultimo momentaneamento escluso a seguito dell’embargo fintanto che le relazioni diplomatiche e commerciali con  gli altri stati del GCC non siano nuovamente normalizzate).

Abu Dhabi è la capitale, occupa l’85% della superficie totale e detiene il 94% delle riserve energetiche.

Come si caratterizza la popolazione, usi e consumi.

Gli Emirati Arabi sono un paese musulmano e come tale soggetto a legge e cultura islamica. La caratteristica principale è la composizione della popolazione che conta circa 9 Milioni di abitanti ma è rappresentata solo per una minoranza (15%) da Arabi autoctoni/Emiratini (locals) poiché la maggioranza (85%) è costituita da persone provenienti da tutto il mondo (expats). Tra questi indiani, filippini, pakistani, arabi da altri paesi ME ed europei.
L’emiratino gode di buona disponibilità economica che gli permette di mantenere stili di vita agiati ed è caratterialmente abbastanza curioso ed attento alle novità (specialmente tecnologia, auto, moda e tendenze in genere, in crescita il mercato del wellness e della bellezza).

La percezione del Made in Italy negli Emirati Arabi Uniti.

Il Made in Italy, declinato trasversalmente in ogni settore, è molto apprezzato. L’Italia è considerata un’icona di qualità, stile, cultura, tradizione.

 Il Brand Italia esprime, pertanto, un grande valore aggiunto intangibile ed ha notevole appeal per gli UAE.

Gli italiani, di conseguenza, sono ‘portatori sani’ di tutti i valori che loro stimano, apprezzano ed ammirano.

Tale condizione comporta di base un sostanziale vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza che arriva da tutto il mondo.

I Prodotti italiani maggiormente richiesti

Più che sottolineare quali prodotti italiani sono maggiormente apprezzati, perché come già evidenziato il Made in Italy ha una valenza trasversale, mi soffermerei ad indicare i settori in cui si presentano le opportunità più interessanti:

  • Costruzioni & Real Estate

l piani di sviluppo infrastrutturale previsti dal Governo emiratino nei diversi settori (porti, aeroporti, reti stradali e ferroviarie, ospedali, scuole, strutture turistiche ed alberghiere, impianti industriali, ecc.) generano opportunità per le nostre imprese di poter acquisire commesse per la realizzazione di opere civili, sia nel settore pubblico che privato (come fornitori settoriali o sub-contractors).

In tale ambito si genera, inoltre, richiesta per materiali, macchinari per lavorazioni (generali e speciali) per costruzioni, mobili (il mobile ad uso residenziale rappresenta il 90% del mercato, quello da ufficio il restante 10%), arredamento & interior design (accessori e complementi).

  • Industria

La produzione industriale ha conosciuto una crescita senza precedenti negli Emirati Arabi.

Ad Abu Dhabi dominano le industrie petrolifere e petrolchimiche, la trasformazione del gas, la desalinizzazione dell’acqua di mare e la produzione di elettricità.

A Dubai e Sharjah, la produzione industriale è più diversificata: industrie metalmeccaniche e chimiche, della metallurgia (alluminio), dell’agroalimentare, cartaria e del tessile.

Ras el Khaimah dispone di cementifici, marmifici e di un’azienda farmaceutica.

Le opportunità in quest’ambito possono arrivare dalla domanda di:

  • macchine, impianti e sistemi di processo/produzione/trasformazione materie prime;
  • macchine di impiego generale e speciale
  • motori, generatori elettrici, ecc.;
  • HO.RE.CA

Il mercato della ristorazione è in pieno sviluppo e la domanda di prodotti importati è in continua crescita anche alla luce della significativa espansione demografica, del settore turistico e dell’alto numero di nuovi hotels e resorts aperti negli Emirati Arabi negli ultimi anni.

La domanda del settore si rivolge, quindi, a:

  • prodotti alimentari finiti;
  • materie prime alimentari;
  • prodotti alimentari semilavorati (precotti/surgelati);
  • attrezzature ed impianti professionali per cucine e laboratori;
  • macchine di processo lavorazione alimenti.
  • Sanita’ & Wellness

Negli UAE non esiste un sistema di welfare pubblico accessibile agli expats e vi è l’obbligo di assicurazione sanitaria. In tale contesto si sta sviluppando un capillare sistema di assistenza sanitaria/ospedaliera privata.

Anche il settore Wellness & Beauty sta crescendo trainato dallo sviluppo del turismo e degli expats.

Opportunità in questo ambito:

  • servizi medico/sanitari/wellness (cliniche, poliambulatori, SPA ecc);
  • attrezzature e prodotti medicali (Dispositivi medici, prodotti di consumo over the counter, integrazione alimentare, alimenti proteici e per il controllo del peso);
  • prodotti di bellezza per il trattamento e la cura del corpo (snellenti, anti-righe, anti-macchia…)
  • Retail

Il commercio rappresenta uno dei settori di punta in termini di quota sul Pil del paese trainato dall’incremento demografico e dallo sviluppo del turismo.

La GDO e GD specializzata concentrano la maggior parte del mercato nel settore della distribuzione con il 49,2% delle vendite.

Sono seguiti dalla vendita all’ingrosso che realizza il 25,3% delle quote di mercato.

In terza posizione, troviamo i centri commerciali e retail e con il 10,7%.

Tra gli articoli maggiormente richiesti:

  • gioielli ed articoli di oreficeria;
  • abbigliamento ed accessori;
  • prodotti alimentari;
  • arredamento.

Possibili difficoltà nei rapporti commerciali. Quando si crea la relazione commerciale?

ll mercato medio orientale presenta peculiarità e dinamiche che si discostano in modo sostanziale da quelle occidentali.

L’introduzione e sviluppo di mercato richiedono tempi operativi di medio/lungo periodo poiché diverse sono le variabili in gioco (presenza/notorietà del marchio, tempi di introduzione legati alla creazione della relazione con i potenziali clienti, posizionamento prodotto, flessibilità nella gestione delle richieste del cliente ecc.) la cui influenza risulta difficilmente prevedibile e determinabile.
In questo contesto la presenza sul territorio, il suo presidio e lo sviluppo della relazione con l’influenzatore/cliente/decision maker, diventano elementi fondamentali nella definizione di un’azione di successo. È richiesta, pertanto, costanza e molta pazienza poiché, tra l’altro, la concezione del tempo (come in tutto il medioriente) è relativa e non corrisponde alle logiche occidentali.

Si ricorda, inoltre, che i rapporti con gli interlocutori è generalmente più “cerimonioso” e meno confidenziale rispetto allo standard Italiano.

I possibili punti di svolta e i player del mercato degli Emirati.

I locals (emiratini) generalmente non ricoprono posizioni di management nelle aziende private o governative (ad eccezione dei ruoli istituzionali di presidenza) ma lavorano in uffici pubblici di ambito governativo/statale/federale.
Le posizioni di middle/top management sono, infatti, ricoperte prevalentemente da arabi (non emiratini) o da indiani nelle aziende locali e da europei in contesti di filiali UAE di aziende multinazionali/occidentali o negli studi di consulenza.
Come già descritto in precedenza nel caso in cui si abbia a che fare con un non-europeo uno degli elementi determinanti rimane, comunque, la capacità di entrare in empatia con l’interlocutore, sviluppare e consolidare la relazione personale e l’acquisizione di fiducia nei suoi confronti ma sempre mantenendo un approccio professionale.

Differenze tra le imprese negli Emirati e le imprese italiane

Negli Emirati l’esercizio di un’attività economica, anche se è sostanzialmente libera nella maggior parte dei settori, è subordinata ad alcuni vincoli per gli investitori stranieri.
Per quanto riguarda la gestione di un’attività in forma societaria è necessario, infatti, che almeno il 51% del capitale sociale sia detenuto da un cittadino emiratino (Sponsor).
In taluni casi è, inoltre, necessario che un soggetto residente locale sia presente anche nel consiglio di amministrazione.

Tali limitazioni vengono generalmente meno nelle aree c.d. “free trade zone” nelle quali una società può essere al 100%  partecipata da soggetto straniero.

Le forme societarie utilizzabili negli emirati sono le seguenti:

  • public joint stock company (costruzione societaria assimilabile ad una società per azioni quotata);
  • private joint stock company (come la precedente, ma destinata a non essere quotata quindi comparabile alla società per azioni);
  • partnership limited by shares (paragonabile alla società in accomandita per azioni);

limited liability company (molto flessibile e poco costosa, sostanzialmente equiparabile alla società a responsabilità limitata).

Analisi: i punti di forza  della presenza commerciale italiana in UAE.

Gli UAE si confermano il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane nell’area MENA. L’Italia si posiziona all’ottavo posto in assoluto tra i paesi fornitori degli Emirati e terzo tra i partner europei.

PUNTI DI FORZA

Prodotti e servizi espressione del Made in Italy

Riconosciuta affidabilità (qualità e reputazione)

Flessibilità nei tempi di fornitura (lead timing)

Creatività in termini di soluzioni per lo sviluppo prodotto

Capacità problem solving (soluzioni custom made)

All’interno del Paese di riferimento alcune zone sono più difficili, altre più facili.

Gli UAE sono uno stato di dimensione contenute (poco più di 10mila abitanti per un’estensione pari al nostro nord Italia) non vi sono, pertanto, distinzioni di zone. In termini di peso sulle attività commerciali ed industriali la distinzione va, invece, fatta sui singoli Emirati.

Dubai ed Abu Dhabi sono, infatti, i due principali che da soli contribuiscono per quasi il 90% al PIL del paese. Quindi, aprire una relazione commerciale con gli Emirati limitrofi significa spesso perdere tempo, poiché il potere di penetrazione nel mercato rimane fortemente legato alle aziende con sede primaria a Dubai e/o Abu Dhabi. 

L’unica eccezione la fa l’emirato di Sharjah dove  hanno sede aziende di una certa importanza, anche ha un appeal limitato agli occhi dei vicini per via delle leggi islamiche piu’ rigide.

Sharjah ha un approccio più tradizionalmente “Arabo” rispetto a Dubai e Abu Dhabi.

Gli Emirati sono preferibili ad altri stati in Medioriente.

  • Posizione geografica che rende gli UAE una piattaforma strategica di connessione tra Occidente ed Oriente (Africa, l’Asia e il Medio Oriente);​
  • Crescita strutturale sostenuta (pianificata a medio/lungo periodo);
  • Assenza di una fiscalità diretta sulle società (con eccezione del settore petrolifero, bancario e assicurativo) e sulle persone;
  • Assenza di controllo/restrizioni sugli scambi di beni e servizi (importazioni ed esportazioni);
  • Settore bancario solido e redditizio;
  • Norme favorevoli agli investimenti stranieri;
  • Stabilità politica e sociale del sistema paese;
  • Disponibilità di una manodopera straniera a basso costo;

Rete efficiente di infrastrutture per trasporto e produzione ed un accesso all’energia elettrica a costo contenuti.

Conclusione

L’ingresso nel mercato degli Emirati per aziende Italiane risulta non sempre facile, o veloce, ed è  sempre dispendioso.  La registrazione dei prodotti richiede circa 6 mesi, sebbene per alcune categorie merceologiche sia possibile iniziare a esportare con le registrazioni ancora in corso, è consigliabile attendere i tempi tecnici per non incorrere in problemi di sdoganamento merci.

Per interessare i buyers negli Emirati occorre puntare su alcune caratteristiche di prodotto:

  • Innovazione
  • Sicurezza e certificazione dei prodotti
  • Packaging appeal
  • Specificità  
  • Reperibilità del prodotto e flessibilità nel rispondere alle richieste
  • Affidabilità dell’azienda Italiana
  • Garanzia di esclusività con l’eventuale distributore locale (si consiglia) contratti a un anno con possibilità di rinnovo

Pmi e mercati internazionali: una sfida obbligata per le imprese italiane

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Articolo scritto da: Dott. Filippo Invitti

La parola d’ordine è internazionalizzare. Termine ormai diffusamente utilizzato da ogni esponente della comunità economica che a vario titolo intende dissertare sulle modalità per rilanciare l’attività produttiva del nostro paese, schiacciato dalla morsa di una crisi atavica dovuta certamente a fattori molteplici ma senza dubbio innegabilmente legata anche allo schema di sviluppo che da sempre ha caratterizzato la realtà imprenditoriale italiana.


La struttura produttiva dell’Italia è, come noto, costituita prevalentemente da piccole e medie imprese. In quest’epoca di globalizzazione dei mercati, le predette imprese si sono trovate ad affrontare nuove sfide che hanno comportato la necessità di riorganizzare il processo produttivo e commerciale, secondo una logica di filiera che ottimizzi i vantaggi comparati ottenibili su diversi mercati.


L’obiettivo è costituito dall’aumento delle esportazioni che compensi la tendenza ad una certa regressione dei fatturati nazionali dovuta a circostanze diverse, non sempre dipendenti dalle modalità di gestione interna delle aziende.


Non è un caso se proprio in quest’ultimo periodo storico si è assistito al particolare incremento delle iniziative volte a favorire i processi di internazionalizzazione delle pmi da parte delle istituzioni nazionali, che vedono lo sviluppo delle piccole e medie imprese come un fenomeno imprescindibile per il rilancio generale della nostra economia.


Per quanto attiene alla distribuzione geografica dei mercati esteri ai quali le PMI hanno rivolto la propria attenzione e quindi le proprie strategie commerciali, non vi è dubbio che il primo posto è ormai ampiamente occupato dagli stati del cosiddetto Far East, con la Cina al vertice seguiti dell’emergente Middle East con gli Emirati Arabi Uniti e gli altri Paesi del Golfo cui mercati sommano insieme oltre due miliardi di persone. Mai come in questo particolare momento storico, l’immagine della Cina rappresenta la proiezione del futuro e la prospettiva di sviluppo delle economie del ventunesimo secolo.


Tra le prime venti città che nei prossimi cinque anni supereranno i dieci milioni di abitanti oltre la metà sono appartenenti alla Repubblica Popolare Cinese; anche il prodotto interno lordo del più grande stato del continente asiatico si attesta ormai da anni su valori sempre significativi .


Grazie al suo incredibile contributo offerto al commercio internazionale, la Cina si colloca ai vertici nella graduatoria mondiale dei paesi con capacità di attrarre le esportazioni dall’estero e in questo contesto e per le ragioni sopra esposte negli ultimi 3 – 4 anni si è visto un deciso interesse da parte di piccole e medie aziende italiane ad aprire in Cina Uffici di rappresentanza e società di trading che favoriscano l’export dei prodotti della cd. “eccellenza italiana”.


Un celebre economista inglese David Ricardo asseriva che in un sistema di completa libertà di commercio ogni paese consacra il suo capitale e la sua industria a ciò che gli pare più utile. Il punto di vista dell’interesse individuale s’accorda perfettamente col bene universale di tutti.


Il fenomeno della globalizzazione dei mercati parte certamente dal presupposto che ogni nazione promuove la propria economia verso l’esterno nell’intento di migliorare la propria condizione interna, così come ogni impresa sviluppa la propria iniziativa verso i bisogni della collettività alla quale essa si rivolge auspicando un ritorno di profitto da destinare al proprio autosostentamento.


Il mercato oggi più che mai è da considerarsi non più protetto dai limiti geografici di un territorio o da quelli politici di un paese ma al contrario sempre più aperto e vocato ad una osmosi di esperienze, condizioni e fattori diversi che lo rendono un unico indistinto contesto all’interno del quale si muovono continuamente gli equilibri tra domanda ed offerta.


L’imprenditore ha quindi maturato una nuova esigenza, quella di affrontare uno scenario che evolve inarrestabile verso direzioni non sempre prevedibili ma in ordine alle quali diventa imprescindibile porre attenzione per non rischiare di vedere preclusa la prospettiva di sviluppo dei progetti dell’impresa stessa.


Un’altra area di crescita del commercio internazionale è costituita dal Middle East o meglio conosciuta come la regione dei paesi del golfo che vede in Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la città certamente più nota ai più. Gli Emirati sono un hub logistico e finanziario di alto livello, e rappresentano un mercato potenziale di circa due miliardi di persone con la presenza di aziende di tutto il mondo. Sono uno dei centri commerciali di maggiore interesse considerata la presenza di fiere e sedi di società internazionali. Vantano una delle economie più sviluppate del pianeta, che si riflette nel PIL sempre più ai vertici nella classifica mondiale L’assenza di tasse e un’ottima qualificazione delle condizioni di vita sono chiari incentivi per gli investitori. La crescita delle compagnie aeree come la Emirates e la Ethiad è certamente un interessante incentivo alla crescita del traffico passeggeri e delle merci.


Riguardo invece gli aspetti attinenti la struttura patrimoniale dell’impresa, è necessario che l’imprenditore verifichi la sussistenza di un valido piano economico-finanziario, eventualmente avvalendosi, oltre che dei mezzi propri dell’impresa stessa, anche di programmi di sostegno all’internazionalizzazione previsti dalle istituzioni nazionali; un esempio in tal senso è rappresentato dai programmi di finanziamento agevolati del Gruppo SACE – SIMEST che con l’obiettivo di mettere a disposizione sempre nuovi strumenti che possano facilitare i processi di internazionalizzazione delle nostre PMI rappresesenta un eccellente sistema di supporto finanziario per le imprese che intendono crescere sui mercati internazionali.