LA TASSAZIONE NELLE SUCCESSIONI E DONAZIONI INTERNAZIONALI

L’imposta sulle successioni e donazioni in Italia è stata reintrodotta dall’art. 2 comma 47 del D.L. 262 del 3 ottobre 2006 (conv. dalla L. n. 286 del 24 novembre 2006) che ha richiamato per la regolamentazione della materia il D. Lgs. n. 346 del 31/10/1990 (TUS).

Tale norma prevede come criterio generale che l’imposta sulle successioni e sulle donazioni venga applicata ai trasferimenti di beni e diritti a causa di morte o per atto di liberalità tra vivi.

L’art. 2 del TUS detta individua i criteri che qualificano la c.d. “territorialità dell’imposta”, vale a dire gli elementi che dovranno ricorrere affinchè l’imposta sia dovuta in Italia.

Più in particolare, il comma 1 dell’art. 2 del D. Lgs. 346/90 prevede che “l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorchè esistenti all’estero(definizione che di fatto sancisce il criterio della taxation c.d. worldwide).

Il comma 2 dell’art. 2 cit. prevede poi, per i soggetti non residenti, che “se alla data di apertura della successione (o a quella della donazione) il defunto (o il donante) non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni ed ai diritti ivi esistenti.”

Dunque il criterio generale , previsto dai primi due commi dell’art. 2, è quello per cui:

  1. Se il defunto è residente in Italia al momento dell’apertura della successione (ossia al momento del decesso) l’imposta sarà dovuta secondo il c.d. criterio “worldwide”, ossia la tassazione colpirà tutti i beni e diritti che ricadono nell’asse ereditario, a prescindere da dove gli stessi si trovino (dunque sia in Italia che all’estero).
  2. Se invece il defunto è residente all’estero al momento dell’apertura della successione, la stessa rileverà in Italia limitatamente “ai beni ed ai diritti ivi esistenti”.

A nulla rileverà invece la residenza dei beneficiari della successione.

Il comma 3 del medesimo art. 2 cit., dettando una presunzione assoluta, prevede ancora che si considerano in ogni caso esistenti nello Stato:

a) i beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di godimento ad essi relativi;

b) le azioni o quote di società nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;

c) le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b);

d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;

e) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato;

f) i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore;

g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione.

Alla luce delle disposizioni analizzate si può concludere dunque che il principio normativo di base è quello per cui la tassazione dell’asse ereditario di un soggetto residente in Italia, quale che sia la sua cittadinanza, è assoggettato alle norme sopra indicate con la conseguenza che l’imposta di successione colpirà l’intero patrimonio del de cuius in Italia, a prescindere da dove i beni e/o i diritti siano territorialmente ubicati.

Tale principio generale può tuttavia comportare casi di doppia tassazione sull’attivo ereditario.

Immaginiamo il caso di un cittadino straniero, residente in Italia al momento dell’apertura della successione, nel cui asse ereditario siano inclusi:

  1. Da un lato beni immobili in Italia, denaro su un conto corrente in Italia, partecipazioni in società italiane nonché fondi di investimento emessi da soggetti italiani;
  2. Dall’altro lato beni immobili in Francia e in Argentina e esistenza di un conto corrente in Svizzera.

I principi normativi generali prima enunciati comportano che saranno assoggettati ad imposta di successione in Italia, come detto, tutti i beni compresi nell’asse ereditario, prescindendo dal luogo in cui gli stessi si trovino.

Tuttavia, un “limite” a questo criterio della tassazione c.d. worldwide è dato:

  • da un lato dall’art. 26 del  D. Lgs. n. 346 del 31/10/1990, che prevede la detrazione dall’imposta dovuta in Italia, di quanto già pagato in uno Stato Estero in relazione ai beni esistenti in tale stato estero;
  • e dall’altro dalle convenzioni contro le doppie imposizioni che, in materia di successioni e donazioni, l’Italia ha stipulato con soli 7 Paesi (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Grecia e Israele)

Tornando dunque all’esempio precedente, se da un lato è palese che i beni che abbiamo detto situati in Italia (quelli di cui al punto n. 1) saranno assoggettati ad imposizione secondo le norme di diritto italiano prima illustrate, dall’altro andranno invece fatti conteggi e approfondimenti particolari per i beni di cui al punto n. 2) in relazione ai quali, nel caso specifico:

  • l’immobile situato in Francia andrà assoggettato ad imposizione secondo le norme contenute nella Convenzione Italia – Francia;
  • l’immobile situato in Argentina sconterà l’imposta sia nel paese in cui si trova che anche in Italia, nei limiti (ai sensi del cit. art. 26) in cui l’imposta qui calcolata sia superiore a quella pagata in Argentina, e detraendo conseguentemente dall’imposta “italiana” l’importo versato nell’altro paese;
  • il conto corrente svizzero sarà anch’esso assoggettato ad imposizione nei limiti (ai sensi dell’art. 26) in cui l’imposta qui calcolata sia superiore a quella pagata in Argentina, e detraendo conseguentemente dall’imposta “italiana” l’importo versato nell’altro paese.

Se volessimo invece ipotizzare la tassazione che andrebbe a colpire l’asse ereditario di un soggetto (de cuius)  NON residente in Italia ma proprietario di beni che invece, comunque, devono essere assoggettati a tassazione in Italia (ad esempio un cittadino residente in Russia che possiede sia un immobile che delle quote di una srl in Italia), l’imposta di successione sarà qui in Italia dovuta sulla base della dichiarazione che dovrà essere presentata relativamente ai beni “nazionali”.

LA CONVENZIONE ITALIA FRANCIA: UN CASO CONCRETO

Con risposta ad istanza di interpello n. 206 del 9 luglio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha colto l’occasione per ricapitolare gli aspetti salienti della Convenzione Italia Francia relativamente ad aspetti che investono gli immobili e più in generale la lex successionis applicabile.

Il documento di prassi richiama preliminarmente il Regolamento UE n. 650/2012 del Parlamento Europeo del 4 luglio 2012, che prevede un criterio generale per l’individuazione della c.d. lex successionis stabilendo che la stessa coincide con quella del paese in cui il de cuius aveva la propria residenza abituale al momento dell’apertura della successione.

Quindi da un punto di vista civilistico l’individuazione di tutte le norme che regolano la devoluzione dell’eredità dovrà compiersi sulla base dell’apparato normativo del paese in cui il de cuius ha avuto la sua ultima residenza.

Da un punto di vista fiscale si dovrà invece far riferimento alla citata Convenzione contro le doppie imposizioni in materia di successione e donazione, che è stata ratificata in Italia con L. n. 708 del 14 dicembre 1994.

Venendo all’oggetto dell’interpello qui in esame il caso prevedeva l’apertura di una successione in Francia per la morte di un soggetto ivi residente e nel cui asse ereditario era anche presente un immobile in Italia.

Beneficiario del bene era la moglie (la cui residenza non interessa per i fini in questione).

L’art. 5 della Convenzione in oggetto prevede che: “I beni immobili che fanno parte di una successione o di una donazione di una persona domiciliata in uno Stato e che sono situati nell’altro Stato, sono imponibili in questo altro Stato”.

Dunque, per ciò che riguarda il bene immobile sito in Italia occorrerà far riferimento alla legislazione italiana, la quale sul punto, anche a seguito della reintroduzione dell’imposta di successione operata dal decreto legge n. 262 del 3 ottobre 2006, prevede che per il coniuge ed i parenti in linea retta l’aliquota da applicare è del 4% sul valore complessivo netto dei beni eccedente per ciascun beneficiario la franchigia di 1 milione di euro.

Per la determinazione dell’imposta dovuta su tale immobile troverà dunque applicazione, ai fini fiscali, la normativa italiana. Di contro, per l’individuazione civilistica dei soggetti che ricadono nel concetto di coniuge e parenti in linea retta occorrerà rifarsi alla lege civile francese.

Quindi nel caso di specie, in relazione all’asse ereditario compreso “nella territorialità italiana”, ossia l’immobile di cui si è detto, andrà conteggiata l’imposta tenendo conto che l’erede unico (la moglie) ha un grado di parentela che consente di avere una franchigia sino ad euro un milione.

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Goffredo Hinna Danesi

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