Pmi e mercati internazionali: una sfida obbligata per le imprese italiane

Articolo scritto da: Dott. Filippo Invitti

La parola d’ordine è internazionalizzare. Termine ormai diffusamente utilizzato da ogni esponente della comunità economica che a vario titolo intende dissertare sulle modalità per rilanciare l’attività produttiva del nostro paese, schiacciato dalla morsa di una crisi atavica dovuta certamente a fattori molteplici ma senza dubbio innegabilmente legata anche allo schema di sviluppo che da sempre ha caratterizzato la realtà imprenditoriale italiana.


La struttura produttiva dell’Italia è, come noto, costituita prevalentemente da piccole e medie imprese. In quest’epoca di globalizzazione dei mercati, le predette imprese si sono trovate ad affrontare nuove sfide che hanno comportato la necessità di riorganizzare il processo produttivo e commerciale, secondo una logica di filiera che ottimizzi i vantaggi comparati ottenibili su diversi mercati.


L’obiettivo è costituito dall’aumento delle esportazioni che compensi la tendenza ad una certa regressione dei fatturati nazionali dovuta a circostanze diverse, non sempre dipendenti dalle modalità di gestione interna delle aziende.


Non è un caso se proprio in quest’ultimo periodo storico si è assistito al particolare incremento delle iniziative volte a favorire i processi di internazionalizzazione delle pmi da parte delle istituzioni nazionali, che vedono lo sviluppo delle piccole e medie imprese come un fenomeno imprescindibile per il rilancio generale della nostra economia.


Per quanto attiene alla distribuzione geografica dei mercati esteri ai quali le PMI hanno rivolto la propria attenzione e quindi le proprie strategie commerciali, non vi è dubbio che il primo posto è ormai ampiamente occupato dagli stati del cosiddetto Far East, con la Cina al vertice seguiti dell’emergente Middle East con gli Emirati Arabi Uniti e gli altri Paesi del Golfo cui mercati sommano insieme oltre due miliardi di persone. Mai come in questo particolare momento storico, l’immagine della Cina rappresenta la proiezione del futuro e la prospettiva di sviluppo delle economie del ventunesimo secolo.


Tra le prime venti città che nei prossimi cinque anni supereranno i dieci milioni di abitanti oltre la metà sono appartenenti alla Repubblica Popolare Cinese; anche il prodotto interno lordo del più grande stato del continente asiatico si attesta ormai da anni su valori sempre significativi .


Grazie al suo incredibile contributo offerto al commercio internazionale, la Cina si colloca ai vertici nella graduatoria mondiale dei paesi con capacità di attrarre le esportazioni dall’estero e in questo contesto e per le ragioni sopra esposte negli ultimi 3 – 4 anni si è visto un deciso interesse da parte di piccole e medie aziende italiane ad aprire in Cina Uffici di rappresentanza e società di trading che favoriscano l’export dei prodotti della cd. “eccellenza italiana”.


Un celebre economista inglese David Ricardo asseriva che in un sistema di completa libertà di commercio ogni paese consacra il suo capitale e la sua industria a ciò che gli pare più utile. Il punto di vista dell’interesse individuale s’accorda perfettamente col bene universale di tutti.


Il fenomeno della globalizzazione dei mercati parte certamente dal presupposto che ogni nazione promuove la propria economia verso l’esterno nell’intento di migliorare la propria condizione interna, così come ogni impresa sviluppa la propria iniziativa verso i bisogni della collettività alla quale essa si rivolge auspicando un ritorno di profitto da destinare al proprio autosostentamento.


Il mercato oggi più che mai è da considerarsi non più protetto dai limiti geografici di un territorio o da quelli politici di un paese ma al contrario sempre più aperto e vocato ad una osmosi di esperienze, condizioni e fattori diversi che lo rendono un unico indistinto contesto all’interno del quale si muovono continuamente gli equilibri tra domanda ed offerta.


L’imprenditore ha quindi maturato una nuova esigenza, quella di affrontare uno scenario che evolve inarrestabile verso direzioni non sempre prevedibili ma in ordine alle quali diventa imprescindibile porre attenzione per non rischiare di vedere preclusa la prospettiva di sviluppo dei progetti dell’impresa stessa.


Un’altra area di crescita del commercio internazionale è costituita dal Middle East o meglio conosciuta come la regione dei paesi del golfo che vede in Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la città certamente più nota ai più. Gli Emirati sono un hub logistico e finanziario di alto livello, e rappresentano un mercato potenziale di circa due miliardi di persone con la presenza di aziende di tutto il mondo. Sono uno dei centri commerciali di maggiore interesse considerata la presenza di fiere e sedi di società internazionali. Vantano una delle economie più sviluppate del pianeta, che si riflette nel PIL sempre più ai vertici nella classifica mondiale L’assenza di tasse e un’ottima qualificazione delle condizioni di vita sono chiari incentivi per gli investitori. La crescita delle compagnie aeree come la Emirates e la Ethiad è certamente un interessante incentivo alla crescita del traffico passeggeri e delle merci.


Riguardo invece gli aspetti attinenti la struttura patrimoniale dell’impresa, è necessario che l’imprenditore verifichi la sussistenza di un valido piano economico-finanziario, eventualmente avvalendosi, oltre che dei mezzi propri dell’impresa stessa, anche di programmi di sostegno all’internazionalizzazione previsti dalle istituzioni nazionali; un esempio in tal senso è rappresentato dai programmi di finanziamento agevolati del Gruppo SACE – SIMEST che con l’obiettivo di mettere a disposizione sempre nuovi strumenti che possano facilitare i processi di internazionalizzazione delle nostre PMI rappresesenta un eccellente sistema di supporto finanziario per le imprese che intendono crescere sui mercati internazionali.