Approfondimenti

Perché il rapporto tra la fiscalità interna e quella estera è parte integrante di un processo di internazionalizzazione.

by Fabrizio Pescatori Fabrizio Pescatori Nessun commento

Da anni ci sono paesi come gli Emirati Arabi Uniti che sono percepiti come un paradiso fiscale a cui approdare per sfuggire a quella che è ritenuta la rapacità del fisco nostrano.

Sicuramente gli Emirati Arabi Uniti (come per altro altri paesi, talvolta anche intra UE) vantano un trattamento fiscale invidiabile rispetto all’Italia, ed hanno servizi che onestamente non possono essere ritenuti inferiori a quelli italiani, e infrastrutture anche superiori. Certamente la ridotta popolazione ed una superficie del paese contenuta agevola conseguire tali risultati.

Tuttavia, è importante pianificare correttamente l’approccio a tali tipi di realtà per evitare contraccolpi (taluni le chiamerebbero: ritorsioni) di tipo fiscale in patria. Quindi un esame attento e soprattutto intellettualmente onesto dell’attività che si vuole andare a svolgere in tali aree è doveroso, perché l’imprenditore può anche assumersi dei rischi (anzi è nella natura stessa di fare impresa l’assunzione di rischi, compresi quelli legati all’interpretazione ed applicazione delle norme di natura fiscale), ma ciò deve essere fatto in modo consapevole. Quindi il primo invito è quello di fare riferimento a professionisti esperti di fiscalità cross border, di non farsi incantare da sirene che pontificano situazioni prive di rischi ed assenza di oneri o di investimenti.

Per comprendere meglio il senso di quello che si vuole rappresentare è necessario ricordare come l’andamento della globalizzazione sia progressivamente mutato in questi ultimi anni con: (i) il riaffacciarsi di spiriti nazionalistici, (ii) la ricomparsa di dazi doganali, (iii) la creazione di ulteriori barriere non dogali (ovvero la richiesta di particolari certificazioni o di requisiti specifici dei prodotti da importare/esportare), (iv) il crescere dei costi di produzione dei paesi in via di sviluppo, come la Cina (sia in termini di salari, che di oneri indiritti per la protezione dell’ambiente e dei lavoratori), etc.

Molte di queste manovre sono state realizzate dagli stati più ricchi per proteggere la loro economia interna ovviamente a discapito dei paesi in via di sviluppo. Per contro questi ultimi hanno adottato a loro volta strumenti protezionistici diretti od indiretti ed incentivato lo sviluppo del proprio mercato interno (si pensi, per esempio, al blocco delle importazioni da parte della Cina dei rifiuti dai paesi più ricchi, per produrre materia prima seconda). Il tutto potrebbe avere generato a livello macroeconomico quello che è definito un gioco a somma zero, ma per le singole imprese tali operazioni hanno avuto implicazioni importanti sul proprio core business.

Infatti, abbiamo assistito da un lato ad un reshoring di alcune specifiche attività (cioè il riportare in patria le attività che erano state delocalizzate per meri vantaggi legati ai ridotti costi di produzione all’estero), e dall’altro la necessità di rivedere ciò che si intende comunemente come attività di internazionalizzazione.

Oggi, proprio per questa situazione, l’attività di export, che è la base delle attività di internazionalizzazione, pur rappresentando uno dei principali pilastri dell’economia nazionale, forse non è più l’attività maggiormente remunerativa delle PMI Italiane. Resta indubbiamente il punto di partenza, ma una impresa con reale vocazione internazionale deve necessariamente prendere in considerazione l’ipotesi di impiantare una parte della propria attività all’estero per seguire i suoi mercati. Questo perché è più semplice commercializzare come soggetto locale piuttosto che come “straniero”, si abbattono i costi relativi ai dazi, i costi di trasporto, i tempi del delivery, si instaurano legami maggiormente solidi con i propri fornitori e clienti dei mercati di esteri di riferimento, non si è assoggettati a ritenute alla fonte (withholding taxes).

Ecco quindi, che sorge la necessità di analizzare anche la componente fiscale transnazionale dello sviluppo del proprio business model.

Nel caso degli Emirati Arabi Uniti, che per loro collocazione geografica e vocazione infrastrutturale sono a tutti gli effetti una piattaforma logistica globale, è essenziale valutare compiutamente la strutturazione di una unità locale dotata delle necessarie autonomie funzionali per garantirsi un corretto place of effective management. Attenzione, non si tratta di un concetto applicabile esclusivamente ad una entità giuridica di proprietà italiana collocata negli UAE, è un concetto fiscale che si applica a tutte quelle situazioni in cui non vi sia una indipendenza dell’unità estera, a prescindere che questa sia collocata o meno in un paese a fiscalità privilegiata.

Spesso si dimentica che la fiscalità di uno stato è l’esercizio della propria potestà sui propri residenti fiscali, e che per uno stato è del tutto irrilevante che il contribuente paghi imposte all’estero su quanto ivi produce, salvo che non sussistano accordi convenzionali con tali paesi e non ricorrano specifiche condizioni. In assenza di queste due fattispecie lo Stato ha il legittimo diritto di esercitare la sua imposizione fiscale sui redditi anche realizzati all’estero, in particolare quando il place of effective management è riconducibile al territorio italiano.

La creazione di una realtà all’estero implica però anche la necessità di instituire e formalizzare delle policy aziendali chiare per quanto attengono quelli che sono i c.d. costi di trasferimento, per definire quanto e come dell’utile che si realizza lungo l’intera catena del valore attraverso la società Italiana e quella estera deve essere ripartito tra i due stati dove le due società sono residenti. Si tratta di quello che è noto come Transfer Price, anche in questo caso è necessario il supporto di un professionista competente in materia per poter realizzare un documento che i requisiti necessari per poter essere validamente opposto in sede di verifica fiscale.

Pertanto oltre alle ordinarie tematiche che l’azienda deve affrontare quando va all’estero, in termini per esempio di regole di fatturazione (si pensi ad uno straniero che viene in Italia e si deve confrontare con la fattura elettronica, che al mondo è utilizzata da pochi paesi; o con la PEC che è un fenomeno solo Italiano), di IVA locale o di bilancio. È necessario che venga preso atto in modo consapevole quali altre attività dovrà sviluppare per poter beneficiare legittimamente con la propria società estera dei benefici fiscali propri di quei paesi dove si andrà ad insediare.

Ovviamente si tratta di un processo da pianificare, non sarà necessario attuarlo integralmente sin dall’inizio, ma potrà essere implementato mano a mano che l’azienda trova conferma della bontà dell’iniziativa di internazionalizzazione. Infatti, in fase di startup, quando vi sono solo costi e pochi ricavi diviene di secondaria importanza se vi è una attrazione del reddito (che non vi sarebbe) da parte del fisco italiano, ma indubbiamente la situazione cambia con il crescere del business all’estero e quindi va gestita.

In effetti la questione più importante è la gestione proattiva e progressiva, anche sotto il profilo fiscale, di un processo di internazionalizzazione, anche perché le regole come ben sappiamo non sono immutabili e ciò che era corretto od efficiente come struttura societaria/fiscale in un dato momento, a distanza di tempo può non esserlo più. Anche in tal caso il supporto di una struttura professionale che possa valutare periodicamente la correttezza di talune scelte organizzative ed anche di business model è essenziale per una gestione proficua della propria attività internazionale.

Liban Ahmed Mohamed Varetti

Founding Partner

EXTERO ITALIA Advisory & Consulting

Strumenti di wealth management: il fondo patrimoniale finalità, disciplina e limiti

by Fabrizio Pescatori Fabrizio Pescatori Nessun commento

Tra gli strumenti di wealt management volti a soddisfare prioritariamente legittime esigenze di segregazione, uno dei più noti e fino ai tempi recenti più diffusi è il fondo patrimoniale tra i preferiti per assicurare da possibili aggressioni patrimoniali il futuro della media “famiglia italiana”. Gli arresti della giurisprudenza recente sembrano tuttavia limitarne significativamente l’ambito applicativo ai citati fini.

Il termine wealth managementè d’uso nella individuazione dell’insieme degli strumenti resi disponibili dall’ordinamento per adottare mirati interventi di pianificazione patrimoniale-strategica volti a soddisfare varie tipologie di esigenze riconducibili essenzialmente a fattori personali, economici e socio-politico-ambientali.

Tra i bisogni sempre più sentiti, ruolo primario è rivestito dall’interesse alla segregazione, vale a dire alla  “separazione” di parte del patrimonio principalmente allo scopo di preservarlo e sottrarlo da possibili aggressioni di creditori, incluso l’Erario, e dalle conseguenze di responsabilità anche di natura patrimoniale che possono derivare dallo svolgimento dell’attività lavorativa in ragione di eventuali danni causati a terzi. Al riguardo si pensi ai possibili rischi cui può incorrere l’imprenditore o il manager per violazioni, spesso anche inconsapevoli, delle vigenti disposizioni normative (i.e. ambientali, salute sul lavoro, riciclaggio ecc.) si pensi altresì alle responsabilità dei professionisti (i.e. responsabilità medica), o anche degli alti dirigenti sia pubblici che privati (i.e. il danno erariale o comunque il danno economico cagionato all’entità giuridica per la quale si lavora ed ai suoi soci/titolari).

Gli strumenti di wealth management presentano peculiarità tali per cui la selezione dello strumento da adottarsi nel caso di specie deve essere valutata in funzione delle concrete esigenze e della specifica situazione personale e patrimoniale del soggetto interessato e ciò anche in considerazione dei costi di varia natura, occasionali e/o ricorrenti, che l’adozione di tali strumenti può comportare (si pensi alla necessità in taluni casi di ricorre al notaio o ai possibili profili impositivi di talune fattispecie).

Prima di entrare nel dettaglio dello specifico strumento “fondo patrimoniale”, che sicuramente ha rappresentato fino a pochi anni or sono uno dei più utilizzati con finalità di segregazione patrimoniale, si impone una considerazione di carattere generale, vale a dire che l’effetto segregativo trova legittimazione nell’ordinamento nazionale, solo in relazione a specifici istituti e solo a determinate condizioni, vale a dire  limitatamente alla tutela di interessi meritevoli superiori, qualificati tali  dall’ordinamento stesso.

Nel caso della costituzione del fondo patrimoniale la segregazione è motivata dalla funzione dei beni o dei diritti  ad esso vincolati a garanzia del soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art. 167 c.c. e seguenti).

Costituisce infatti principio fondamentale del nostro sistema ordinamentale positivo la previsione recata dall’art. 2740 del codice civile secondo la quale “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” previsione che trova correlata tutela nell’azione revocatoria che il creditore può intraprendere per far dichiarare l’inefficacia a suo pregiudizio degli atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal  debitore (art. 2901 del codice civile).

Il fondo patrimoniale, la cui disciplina è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia del 1975 in sostituzione del precedente istituto del patrimonio familiare, può essere costituito da ciascuno o da entrambi i coniugi (anche prima che sia contratto il matrimonio) per atto pubblico, e quindi con l’intervento del notaio, o da un terzo sempre per atto pubblico o anche per testamento. Per effetto della recente riforma, l’istituto trova applicazione anche nell’ambito delle unioni civili (alle cui parti deve d’ora in avanti farsi anche riferimento quando per semplicità ci si riferisce ai coniugi).

Nel caso di costituzione ad opera di un terzo o di uno solo dei coniugi, la relativa costituzione è subordinata alla accettazione da parte dei coniugi o dell’altro coniuge. Inoltre, a pena di inopponibilità ai terzi, è previsto che venga data pubblicità all’istituzione del fondo patrimoniale tramite annotazione a margine dell’atto di matrimonio e tramite trascrizione nei registri immobiliari del vincolo sui beni oltre che del trasferimento dei diritti immobiliari, se previsto nell’atto istitutivo; nel caso di titoli di credito la costituzione del vincolo deve essere annotata sul titolo e sul registro dell’emittente.

Possono essere destinati al fondo patrimoniale solo beni immobili o diritti reali, beni mobili registrati (veicoli, natanti e aeromobili) e titoli di credito, purché resi nominativi. Vi possono rientrare in sostanza quei beni che costituiscono nella generalità dei casi la ordinaria forma di investimento dei risparmi familiari; anche i beni oggetto di comunione legale possono essere destinati al fondo patrimoniale. Non essendovi specifiche preclusioni, è pacifico in dottrina che si possa accedere alla costituzione di più fondi patrimoniali volti a soddisfare i bisogni di una stessa famiglia.

Il fondo patrimoniale ha la natura di un patrimonio separato finalizzato alla tutela della sicurezza economica della famiglia legittima ed al soddisfacimento dei relativi bisogni, intendendosi con ciò il mantenimento, le esigenze di vita e lo sviluppo della famiglia c.d. “nucleare” (i coniugi ed i soggetti al cui mantenimento la coppia è obbligata).

Per quanto attiene ai profili inerenti l’amministrazione dei beni che compongono il fondo patrimoniale, trova applicazione in generale la disciplina della comunione legale tra coniugi. In particolare la gestione e la titolarità dei beni vincolati nel fondo spetta ad entrambi i coniugi, a prescindere dalla titolarità del diritto di proprietà, con l’obbligo di utilizzare i beni del fondo e i relativi frutti a vantaggio esclusivo della famiglia: l’amministrazione del fondo patrimoniale deve essere sempre finalizzata a realizzare la destinazione funzionale normativamente prevista, vale a dire il soddisfacimento dei bisogni della famiglia. In pratica entrambi i coniugi posso operare disgiuntamente rispetto all’ordinaria amministrazione mentre per taluni atti, fatta salva specifica difforme pattuizione recata nell’atto istitutivo, occorre il consenso di entrambi (i.e. alienazioni, ipoteche, pegno, vincoli) con autorizzazione giudiziale, anche questa derogabile in sede istitutiva (cfr. Cass. n. 22069/2019) nel caso vi siano figli minori.

La dottrina tende a qualificare in generale come atti di straordinaria amministrazione quelli che si rendano necessari a fare fronte a bisogni straordinari della famiglia e che comportano variazioni sul normale godimento dei beni che ne sono oggetto e/o l’alterazione della consistenza originaria del fondo.

Costituiscono cause di cessazione del fondo patrimoniale la morte di uno dei coniugi, il divorzio e l’annullamento del matrimonio, in presenza di figli minori, al verificarsi delle citate cause, la cessazione del fondo avverrà al raggiungimento della maggiore età del più giovane dei figli. In assenza di figli minori il fondo può cessare anche per volontà dei coniugi e dell’eventuale terzo che abbia partecipato alla relativa costituzione. Per la cessazione sono previste forma di pubblicità analoghe a quelle previste in sede di costituzione.

Sotto il profilo impositivo occorre distinguere l’imposizione applicabile all’atto della costituzione del fondo e quella applicabile nella duranta del fondo. La costituzione del fondo patrimoniale è inquadrabile tra gli atti di disposizione a titolo gratuito, in quanto tali non rilevanti ai fini dell’imposizione sui redditi salvo il caso in cui il disponente non sia un imprenditore che ponga in essere atti di destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. Rispetto all’imposizione indiretta all’atto della costituzione del fondo, la tassazione sarà differente a seconda i) di chi è il disponente,  ii) della circostanza che vi sia trasferimento o meno della proprietà o di un diritto reale e iii) della differente natura dei beni che ne costituiscono oggetto, circostanze tutte che incideranno sulla eventuale applicazione dell’imposta di donazione o successione e sulla quantificazione delle imposte ipotecarie, catastali e di bollo.

Per quanto attiene alla tassazione applicabile durante la vita del fondo, i relativi redditi sono imputati in parti uguali ai coniugi e quindi tassati in relazione alla natura del reddito che ne deriva, a prescindere dalle quote di effettiva proprietà (art. 4 c.1. lettera b) del D.P.R. n. 917/86).

Venendo alla efficacia segregativa della costituzione del fondo patrimoniale rispetto alla possibilità di aggressione dei beni che ne fanno parte, occorre distinguere la posizione dei creditori anteriori rispetto a quella dei creditori successivi alla costituzione del fondo stesso.

I creditori anteriori, entro 5 anni dall’atto di istituzione fondo patrimoniale possono esperire l’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 e 2903 c.c.) ma è onere del creditore provare che l’atto ha provocato un pregiudizio alle proprie ragioni di credito e che il debitore conoscesse il pregiudizio che recata alle ragioni del creditore (si ricordi che ai fini della revocatoria ordinaria la costituzione del fondo è considerato atto a titolo gratuito).

In ragione di una recente modifica normativa introdotta nel 2015, e che a giudizio di molti interpreti ha fatto perdere interesse per l’istituto, il creditore anteriore alla costituzione del fondo che se ne ritenga pregiudicato ha la possibilità di porre in essere l’esecuzione forzata “…. ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto…” (cfr. art. 2929 bis c.c.).

Per quanto riguarda i creditori posteriori alla istituzione del fondo patrimoniale l’articolo 170 del c.c. dispone che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.

Quindi il legislatore ammette l’effetto segregativo rispetto alle aggressioni dei creditori che hanno concesso credito ai coniugi per ragioni estranee al soddisfacimento di bisogni della famiglia (l’onere della prova grava sui coniugi). Mentre possono aggredire il fondo con azioni esecutive i creditori dei coniugi per debiti contratti per fare fronte a bisogni della famiglia.

L’efficacia segregativa dell’istituzione del fondo patrimoniale ha trovato un vero arresto nell’orientamento ormai ricorrente della recente giurisprudenza che sta interpretando come contratte per i bisogni della famiglia anche le obbligazioni scaturenti dalla attività lavorativa dei coniugi, in considerazione della circostanza che l’attività lavorativa è normalmente finalizzata al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

Con specifico riferimento alle obbligazioni fiscali taluna giurisprudenza di merito ha affermato che anche i debiti fiscali contratti nello svolgimento della professione devono intendersi contratti per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia anche se la giurisprudenza di legittimità, aggiustando parzialmente “il tiro” ha precisato che un debito fiscale contratto nello svolgimento della professione non può dirsi contratto per bisogni della famiglia se non si sia prima escluso che derivi da esigenze di natura voluttuaria o speculativa (Cass. N. 21396/2015 Cass. 2018/16176). In tema di debiti di natura tributaria la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l’elemento discriminante non è tanto la natura dell’obbligazione quanto il suo fatto generatore e la relativa correlazione con il carattere familiare del bisogno da soddisfare.

In conclusione, la circostanza che la recente giurisprudenza abbia ricondotto i debiti contratti nello svolgimento della attività lavorativa tra i debiti contratti per i bisogni della famiglia comporta un ampliamento enorme dei casi di aggredibilità del fondo anche decorsi i termini di prescrizione dell’azione revocatoria e di fatto riduce al solo caso di debiti contratti per esigenze di natura voluttuaria, speculativa e di investimento l’effetto segregativo, con riduzione notevole dell’interesse ad accedere a tale istituto, quanto meno ai predetti scopi.

Riproduzione riservata

Maria Rosaria Leccese

Founding Partner

EXTERO ITALIA Advisory & Consulting

LA TASSAZIONE NELLE SUCCESSIONI E DONAZIONI INTERNAZIONALI

by Fabrizio Pescatori Fabrizio Pescatori Nessun commento

L’imposta sulle successioni e donazioni in Italia è stata reintrodotta dall’art. 2 comma 47 del D.L. 262 del 3 ottobre 2006 (conv. dalla L. n. 286 del 24 novembre 2006) che ha richiamato per la regolamentazione della materia il D. Lgs. n. 346 del 31/10/1990 (TUS).

Tale norma prevede come criterio generale che l’imposta sulle successioni e sulle donazioni venga applicata ai trasferimenti di beni e diritti a causa di morte o per atto di liberalità tra vivi.

L’art. 2 del TUS detta individua i criteri che qualificano la c.d. “territorialità dell’imposta”, vale a dire gli elementi che dovranno ricorrere affinchè l’imposta sia dovuta in Italia.

Più in particolare, il comma 1 dell’art. 2 del D. Lgs. 346/90 prevede che “l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorchè esistenti all’estero(definizione che di fatto sancisce il criterio della taxation c.d. worldwide).

Il comma 2 dell’art. 2 cit. prevede poi, per i soggetti non residenti, che “se alla data di apertura della successione (o a quella della donazione) il defunto (o il donante) non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni ed ai diritti ivi esistenti.”

Dunque il criterio generale , previsto dai primi due commi dell’art. 2, è quello per cui:

  1. Se il defunto è residente in Italia al momento dell’apertura della successione (ossia al momento del decesso) l’imposta sarà dovuta secondo il c.d. criterio “worldwide”, ossia la tassazione colpirà tutti i beni e diritti che ricadono nell’asse ereditario, a prescindere da dove gli stessi si trovino (dunque sia in Italia che all’estero).
  2. Se invece il defunto è residente all’estero al momento dell’apertura della successione, la stessa rileverà in Italia limitatamente “ai beni ed ai diritti ivi esistenti”.

A nulla rileverà invece la residenza dei beneficiari della successione.

Il comma 3 del medesimo art. 2 cit., dettando una presunzione assoluta, prevede ancora che si considerano in ogni caso esistenti nello Stato:

a) i beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di godimento ad essi relativi;

b) le azioni o quote di società nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;

c) le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b);

d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;

e) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato;

f) i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore;

g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione.

Alla luce delle disposizioni analizzate si può concludere dunque che il principio normativo di base è quello per cui la tassazione dell’asse ereditario di un soggetto residente in Italia, quale che sia la sua cittadinanza, è assoggettato alle norme sopra indicate con la conseguenza che l’imposta di successione colpirà l’intero patrimonio del de cuius in Italia, a prescindere da dove i beni e/o i diritti siano territorialmente ubicati.

Tale principio generale può tuttavia comportare casi di doppia tassazione sull’attivo ereditario.

Immaginiamo il caso di un cittadino straniero, residente in Italia al momento dell’apertura della successione, nel cui asse ereditario siano inclusi:

  1. Da un lato beni immobili in Italia, denaro su un conto corrente in Italia, partecipazioni in società italiane nonché fondi di investimento emessi da soggetti italiani;
  2. Dall’altro lato beni immobili in Francia e in Argentina e esistenza di un conto corrente in Svizzera.

I principi normativi generali prima enunciati comportano che saranno assoggettati ad imposta di successione in Italia, come detto, tutti i beni compresi nell’asse ereditario, prescindendo dal luogo in cui gli stessi si trovino.

Tuttavia, un “limite” a questo criterio della tassazione c.d. worldwide è dato:

  • da un lato dall’art. 26 del  D. Lgs. n. 346 del 31/10/1990, che prevede la detrazione dall’imposta dovuta in Italia, di quanto già pagato in uno Stato Estero in relazione ai beni esistenti in tale stato estero;
  • e dall’altro dalle convenzioni contro le doppie imposizioni che, in materia di successioni e donazioni, l’Italia ha stipulato con soli 7 Paesi (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Grecia e Israele)

Tornando dunque all’esempio precedente, se da un lato è palese che i beni che abbiamo detto situati in Italia (quelli di cui al punto n. 1) saranno assoggettati ad imposizione secondo le norme di diritto italiano prima illustrate, dall’altro andranno invece fatti conteggi e approfondimenti particolari per i beni di cui al punto n. 2) in relazione ai quali, nel caso specifico:

  • l’immobile situato in Francia andrà assoggettato ad imposizione secondo le norme contenute nella Convenzione Italia – Francia;
  • l’immobile situato in Argentina sconterà l’imposta sia nel paese in cui si trova che anche in Italia, nei limiti (ai sensi del cit. art. 26) in cui l’imposta qui calcolata sia superiore a quella pagata in Argentina, e detraendo conseguentemente dall’imposta “italiana” l’importo versato nell’altro paese;
  • il conto corrente svizzero sarà anch’esso assoggettato ad imposizione nei limiti (ai sensi dell’art. 26) in cui l’imposta qui calcolata sia superiore a quella pagata in Argentina, e detraendo conseguentemente dall’imposta “italiana” l’importo versato nell’altro paese.

Se volessimo invece ipotizzare la tassazione che andrebbe a colpire l’asse ereditario di un soggetto (de cuius)  NON residente in Italia ma proprietario di beni che invece, comunque, devono essere assoggettati a tassazione in Italia (ad esempio un cittadino residente in Russia che possiede sia un immobile che delle quote di una srl in Italia), l’imposta di successione sarà qui in Italia dovuta sulla base della dichiarazione che dovrà essere presentata relativamente ai beni “nazionali”.

LA CONVENZIONE ITALIA FRANCIA: UN CASO CONCRETO

Con risposta ad istanza di interpello n. 206 del 9 luglio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha colto l’occasione per ricapitolare gli aspetti salienti della Convenzione Italia Francia relativamente ad aspetti che investono gli immobili e più in generale la lex successionis applicabile.

Il documento di prassi richiama preliminarmente il Regolamento UE n. 650/2012 del Parlamento Europeo del 4 luglio 2012, che prevede un criterio generale per l’individuazione della c.d. lex successionis stabilendo che la stessa coincide con quella del paese in cui il de cuius aveva la propria residenza abituale al momento dell’apertura della successione.

Quindi da un punto di vista civilistico l’individuazione di tutte le norme che regolano la devoluzione dell’eredità dovrà compiersi sulla base dell’apparato normativo del paese in cui il de cuius ha avuto la sua ultima residenza.

Da un punto di vista fiscale si dovrà invece far riferimento alla citata Convenzione contro le doppie imposizioni in materia di successione e donazione, che è stata ratificata in Italia con L. n. 708 del 14 dicembre 1994.

Venendo all’oggetto dell’interpello qui in esame il caso prevedeva l’apertura di una successione in Francia per la morte di un soggetto ivi residente e nel cui asse ereditario era anche presente un immobile in Italia.

Beneficiario del bene era la moglie (la cui residenza non interessa per i fini in questione).

L’art. 5 della Convenzione in oggetto prevede che: “I beni immobili che fanno parte di una successione o di una donazione di una persona domiciliata in uno Stato e che sono situati nell’altro Stato, sono imponibili in questo altro Stato”.

Dunque, per ciò che riguarda il bene immobile sito in Italia occorrerà far riferimento alla legislazione italiana, la quale sul punto, anche a seguito della reintroduzione dell’imposta di successione operata dal decreto legge n. 262 del 3 ottobre 2006, prevede che per il coniuge ed i parenti in linea retta l’aliquota da applicare è del 4% sul valore complessivo netto dei beni eccedente per ciascun beneficiario la franchigia di 1 milione di euro.

Per la determinazione dell’imposta dovuta su tale immobile troverà dunque applicazione, ai fini fiscali, la normativa italiana. Di contro, per l’individuazione civilistica dei soggetti che ricadono nel concetto di coniuge e parenti in linea retta occorrerà rifarsi alla lege civile francese.

Quindi nel caso di specie, in relazione all’asse ereditario compreso “nella territorialità italiana”, ossia l’immobile di cui si è detto, andrà conteggiata l’imposta tenendo conto che l’erede unico (la moglie) ha un grado di parentela che consente di avere una franchigia sino ad euro un milione.

Riproduzione riservata

Goffredo Hinna Danesi

Founding Partner EXTERO ITALIA

Advisory & Consulting Coop Stp

Gli strumenti agevolati Simest per l’internazionalizzazione delle imprese

by Fabrizio Pescatori Fabrizio Pescatori Nessun commento

In questo periodo caratterizzato da profondi cambiamenti è stato avviato un forte programma di armonizzazione, riorganizzazione e finanziameto alle attività estere della nostra economia, che finalmente è entrato a pieno titolo negli “Interessi Nazionali” da proteggere.

Uno degli attori del Piano per l’Estero varato dal paese è il Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (Gruppo CDP), che attraverso le sue controllate SACE S.p.A. e SIMEST S.p.A. si occupa di emettere assicurazioni ed erogare finanziamenti in favore delle imprese che superano i nostri confini nazionali con le loro produzioni.

In particolare, la Simest sostiene le imprese italiane nei processi di internazionalizzazione nei mercati extra UE, e finalmente, dal 6 agosto 2020 può intervenire anche sugli investimenti diretti verso altri stati dell’Unione Europea, colmando così un gap con le altre agenzie governative europee.

 Inoltre, grazie al via libera della Commissione Europea, è stata aumentata, dalla seconda metà di settembre, la quota a fondo perduto fino al limite di 800 mila euro del finanziamento concesso alle aziende.

In questa opera di armonizzazione lo Stato, principalmente attraverso la Simest S.p.A. gestisce l’erogazione dei finanziamenti alle imprese che esportano. Si tratta di strumenti eterogenei che abbracciano la quasi totalità dei fabisogni di una impresa; infatti, si passa da agevolazioni per la patrimonializzazione, alle spese sostenute per l’inserimento in mercati esteri, dai finanziamenti per l’assuzione di Temporary Export Manager al finanziamento del potenziamento dell’e-commerce.

I suddetti strumenti, potenziati con il fondo perduto, si sono rilevati – in questo periodo – molto attrraenti per le imprese tant’è che dal 1 gennaio al 21 ottobre 2020 sono state presentate circa 12.600 domande pari ad un controvalore di euro 3,9 miliardi a fronte delle 870 operazioni finanziate da Simest nell’anno precedente, per un valore complessivo di euro 290 milioni.

Ricordiamo i seguenti Finanziamenti per l’Internazionalizzazione di Simest che hanno avuto un’enorme successo tra le imprese, ossia:

  1. Patrimonializzazione;
  2. Partecipare a Fiere Internazionali, Mostre e Missioni di Sistema;
  3. Inserimento Mercati Esteri;
  4. Temporary Export Manager;
  5. E-Commerce;
  6. Studi di Fattibilità;
  7. Programmi di Assistenza Tecnica.

I suddetti strumenti prevedono un finanziamento, al tasso agevolato – fino al 31/12/2020 – dello 0,059% annuo, con la possibilità di chiedere fino al 50% del finanziamento quale contributo a fondo perduto (nel limite di € 800.000 di aiuti di stato ricevibili). 

Di seguito vengono riportate le principali novità previste per ogni strumento che ne hanno decretato il successo:

  1. Patrimonializzazione delle imprese esportatrici
  2. accesso allo strumento anche per le MidCap;
  3. importo massimo finanziabile 800.000 euro che può essere richiesto anche senza una specifica destinazione d’uso;
  4. riduzione del parametro del fatturato export come requisito di accesso: 20% nell’ultimo biennio o 35% nell’ultimo anno;
  5. maggiore accessibilità attraverso l’aumento del livello di solidità patrimoniale massimo per l’accesso allo strumento: 2,00 per società industriali e 4,00 per le società commerciali;
  6. richiesta di garanzie modulate in funzione dello scoring per tutti i richiedenti (ferma restando la possibilità di richiedere l’esenzione dalle garanzie fino al 31 dicembre 2020, in ottemperanza a quanto previsto dal DL Rilancio).
  • Fiere e mostre
  • accesso allo strumento per tutte le imprese indipendentemente dalla dimensione;
  • finanziabilità delle fiere di carattere internazionale in Italia (riconosciute dall’AEFI) e degli eventi virtuali.
  • Inserimento sui mercati esteri
  • finanziamenti fino a 4 milioni di Euro; 
  • ampliamento delle strutture finanziabili con il magazzino;
  • finanziabilità di più uffici e centri assistenza post vendita (fino a 3 per ciascuna tipologia);
  • ammissibilità delle certificazioni internazionali di prodotto tra le spese finanziabili.
  • Temporary Export Manager
  • finanziamento volto a facilitare la realizzazione di progetti di internazionalizzazione attraverso l’inserimento temporaneo in azienda di un Temporary Export Manager (TEM);
  • finanziamento, nel limite del 15% dei ricavi medi degli ultimi 2 esercizi, per un massimo di 150.000 euro al tasso agevolato, con una durata di 4 anni di cui 24 mesi di preammortamento, e la possibilità di richiedere fino al 50% del finanziamento a fondo perduto, entro il limite di 100 mila euro.
  • E-commerce
  • finanziamenti fino a 450 mila Euro;
  • finanziabilità di tutti i domini senza limitazioni di paese (inclusi .com, .net, .eu, .it, ecc.);
  • ammissibilità tra le spese finanziabili dei costi per l’affitto di un magazzino e delle certificazioni internazionali di prodotto.
  • Studi di Fattibilità
  • finanziamento volto ad agevolare la realizzazione di studi di prefattibilità e fattibilità collegati ad investimenti italiani in Paesi esteri;
  • finanziamento sino ad euro 350.000 al tasso agevolato, con una durata di 4 anni di cui 12 mesi di preammortamento, e la possibilità di richiedere fino al 50% del finanziamento a fondo perduto, entro il limite di 100 mila euro.
  • Programmi di Assistenza Tecnica
  • finanziamento volto ad agevolare la formazione del personale in loco di iniziative di investimento in Paesi esteri;
  • lo strumento prevede un finanziamento sino ad euro 300.000 al tasso agevolato, con una durata di 4 anni di cui 12 mesi di preammortamento, e la possibilità di richiedere fino al 50% del finanziamento a fondo perduto, entro il limite di 100 mila euro.
 
 

Si segnala, infine, che dal 9 dicembre 2020 è stato inserito un nuovo strumento “Patrimonializzazione a supporto del sistema fieristico” avente le seguenti caratteristiche:

  • è volto a sostenere la solidità finanziaria degli enti o società che organizzano eventi fieristichi di rilievo internazionale;
  • importo massimo finanziabile fina a 10.000.000 di euro;
  • rimborso della quota di finanziamento agevolato ad un tasso pari al 10% del tasso di riferimento UE in caso di miglioramento o mantenimento del livello di solidità patrimoniale e di conferma o aumento del numero di eventi/fiere di respiro internazionale organizzati/ospitati dall’ente in almeno un anno del periodo di preammortamento.

Steven Mohamed

Founding Partner EXTERO ITALIA

Advisory & Consulting Coop Stp

Continuità aziendale

by admin admin Nessun commento

Soggetti IAS e responsabilità degli amministratori

Con la circolare n. 16/2020 Assonime ha ripercorso le principali novità introdotte dai decreti Liquidità e Rilancio messe in atto per salvaguardare la continuità operativa delle imprese.

Tra queste, una delle più rilevanti riguarda la norma introdotta dall’art.7 del DL 23/2020 e ripresa dall’articolo 38-quater del DL 34/2020, il quale non ha fatto altro che meglio delineare l’ambito applicativo della disposizione, circa la valutazione delle voci e della prospettiva della continuità per i bilanci relativi all’esercizio 2019. Le norme, infatti, permettono di non tenere conto delle incertezze e degli effetti derivanti dai fatti successivi alla data di chiusura dell’esercizio, per i bilanci relativi all’esercizio 2019, mentre per i bilanci 2020 permettono di effettuare la valutazione sulla continuità se sussistente nel bilancio precedente, ossia quello relativo al 2019.


L’intento della norma, come chiarito da Assonime, sarebbe in definitiva quello di creare “un campo di applicazione della regola speciale sulla continuità aziendale senza soluzione di continuità che parte dai bilanci relativi agli esercizi chiusi prima del 23 febbraio 2020 e non ancora approvati fino ad arrivare ai bilanci riferiti agli esercizi in corso al 31 dicembre 2020”.


Uno dei punti che aveva maggiormente messo in crisi era in riferimento all’ambito soggettivo di applicazione della norma, in particolare se la disposizione fosse applicabile esclusivamente alle società che redigano il bilancio secondo i principi contabili nazionali o fosse diversamente estensibile anche alle società IAS.


A riguardo, in dottrina si sono divisi due filoni interpretativi differenti, l’uno che ritiene che la valutazione sulla continuità possa essere effettuata unicamente dalle società che redigono il bilancio secondo le regole del codice civile e dei principi OIC, in virtù sia del dato letterale della norma (la quale si riferisce esclusivamente all’art. 2423-bis, comma primo, numero 1, c.c.) e sia della considerazione per la quale non sia consentito al legislatore nazionale incidere sull’applicazione degli IAS/IFRS che sono adottati con regolamento europeo, un’altra invece che ritiene estensibile la possibilità anche alle società IAS, essendo la volontà del legislatore quella di indicare l’oggetto della norma ma non di delimitarne l’ambito di applicazione.


Assonime ritiene che la valutazione della continuità possa essere effettuata anche dalle società IAS per una serie di ragioni. In primis esistono delle ragioni di carattere sistematico, è infatti innegabile che le esigenze alle quali l’art. 38-quater risponde siano comuni all’intero mondo delle imprese, indipendentemente dai principi contabili. Tale considerazione, tuttavia, non sarebbe da sola sufficiente ad estendere l’ambito di applicazione: in aggiunta, Assonime ritiene che oltre a questa esigenza ce ne siano altre relative ai problemi di comparabilità e di disparità di trattamento che la diversa rappresentazione genererebbe. Si pensi, ad esempio, al caso di imprese i cui strumenti finanziari siano trattati su sistemi multilaterali di negoziazione (AIM Italia) che possono scegliere di redigere il bilancio secondo i principi internazionali o le norme nazionali. È evidente come nel caso in questione la rappresentazione differente comporterebbe una non chiara informativa.

La strada per l’applicazione della norma anche alle società IAS sarebbe secondo Assonime contenuta nello IAS1, par.19 e nell’art. 5 del d.lgs. 38/2005. Il primo, infatti, prevede che se la conformità con una disposizione contenuta in un IFRS sia così fuorviante da essere in conflitto con le finalità del bilancio, l’entità debba disattendere la disposizione; il secondo invece prevede che qualora l’applicazione di una disposizione prevista dai principi contabili internazionali sia incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, tale disposizione non sia applicata.

Secondo Assonime, dunque, l’articolo 38-quater rappresenta un chiaro esempio di normativa eccezionale che giustifica la disapplicazione delle regole ordinarie.


Altre osservazioni importanti vengono condotte in merito al profilo della responsabilità degli amministratori. In particolare, viene sottolineato come la deroga offerta dall’art. 38-quater esoneri gli amministratori dall’effettuare qualsiasi tipo di considerazione in merito alla continuità aziendale ai fini della redazione del bilancio (d’esercizio e anche consolidato secondo Assonime). Pertanto, tale norma esaurisce i propri effetti nel contesto contabile non esonerando gli amministratori dall’obbligo di monitoraggio della situazione aziendale e di attuazione degli strumenti previsti per il recupero della continuità aziendale.


Assonime evidenzia infatti come la continuità in ambito contabile assuma un significato differente rispetto alla continuità aziendale di natura sostanziale. Nel primo caso “la mancanza di continuità aziendale si identifica con quella situazione in cui la valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante porti a concludere che, nell’arco temporale futuro di riferimento, non vi sono ragionevoli alternative alla cessazione dell’attività”. Si tratta di una situazione di carattere definitivo.


La continuità aziendale di natura sostanziale, in assenza di uno stato di crisi, riguarda invece una situazione in cui il pregiudizio alla capacità dell’impresa di continuare a operare come entità in funzionamento è di natura potenzialmente reversibile. Questo giustifica l’obbligo per gli amministratori di attivarsi per il suo superamento.

Startup e PMI innovative

by admin admin Nessun commento

La Startup innovativa (DL 18/10/2012 n. 179)

Possono considerarsi Startup innovative le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che siano in possesso dei seguenti requisiti:

  • siano di nuova costituzione o comunque costituite da non più di 5 anni;
  • abbiano la loro sede principale in Italia, in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, a patto che abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;
  • a partire dal secondo anno di attività, il totale del valore della produzione annua, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, non deve essere superiore a 5 milioni di euro;
  • non distribuiscano e non abbiano distribuito utili;
  • abbiano, quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  • non siano state costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;

inoltre, l’impresa dovrà essere in possesso di almeno uno dei tre seguenti criteri:

  1. una quota pari al 15% del valore maggiore tra fatturato e costi annui ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo;
  2. una forza lavoro complessiva costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;
  3. esser titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato.

Vantaggi

  • Zero costi di costituzione: l’impresa potrà essere costituita gratuitamente con firma digitale;
  • Iscrizione nell’elenco speciale presso il Registro Imprese e decorsi 60 mesi, ovvero distribuiti i dividendi o superata la soglia di 5 mil di fatturato è possibile passare al regime delle PMI innovative (codice 070 Registro imprese);
  • Esonero dal pagamento del diritto camerale e di bollo;
  • Disciplina societaria particolarmente flessibile: ad esempio, una Startup innovativa costituita sotto forma di Srl potrà prevedere la presenza di quote dotate o meno di particolari diritti (quali un diritto di voto attribuito in misura non proporzionale alla partecipazione o totalmente assente); la possibilità di effettuare operazioni sulle proprie quote; la possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi; l’offerta al pubblico di quote di capitale.
  • Facilitazione al ripianamento delle perdite;
  • Le Startup e le PMI innovative non sono tenute ad effettuare il test di operatività;
  • Compensazione dell’IVA più facile;
  • Disciplina sul lavoro agevolata: la Startup innovativa, in deroga alla normativa vigente, può assumere personale con contratti a tempo determinato per un massimo di 48 mesi, anziché 36. Inoltre, a differenza di quanto avviene per le altre imprese, le Startup innovative con più di 5 dipendenti non sono tenute a stipulare un numero di contratti a tempo determinato calcolato in rapporto al numero di contratti a tempo indeterminato attivi;
  • Qualifica dei soci : il legale rappresentante della società deve indicare nel caso la start up sia partecipata da fiduciarie i nominativi dei soci effettivi ed in caso di holding di partecipazione, i soci della stessa.
  • Salari dinamici: le Start up innovative possono concordare con il personale, fatto salvo il minimo tabellare applicato per il settore, quale parte della remunerazione sia fissa e quale variabile. Quest’ultima potrà consistere in trattamenti collegati all’efficienza o alla redditività dell’impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro.
  • Possibilità di pagare i dipendenti tramite partecipazione al capitale sociale (es. Stock options) e i fornitori tramite schemi di work for equity.
  • Equity crowdfunding: le Startup innovative possono avviare campagne di raccolta di capitale attraverso appositi portali online autorizzati dalla Consob;
  • Quote sociali : l’atto costitutivo della start up costituita in forma di S.r.l. può prevedere categorie di quote fornite di diritti diversi e può liberamente determinare il contenuto delle varie categorie. Potrà anche creare categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o che attribuiscono al socio diritti di voto in misura non proporzionale alla partecipazione da questi detenuta ovvero diritti di voto limitati a particolari argomenti o subordinati al verificarsi di particolari condizioni.
  • Strumenti finanziari : il reddito di lavoro derivante dall’assegnazione, da parte delle start-up innovative, e degli incubatori certificati, ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi di strumenti finanziari o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari o diritti similari, nonchè dall’esercizio di diritti di opzione attribuiti per l’acquisto di tali strumenti finanziari, non concorre alla formazione del reddito imponibile dei suddetti soggetti, sia ai fini fiscali, sia ai fini contributivi, a condizione che tali strumenti finanziari o diritti non siano ceduti alla stessa start up o incubatore.
  • Prestazioni di servizi : le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell’apporto di opere e servizi resi in favore di start-up innovative o di incubatori certificati, ovvero di crediti maturati a seguito della prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti degli stessi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l’apporto, al momento della loro emissione o al momento in cui e’ operata la compensazione che tiene luogo del pagamento.
  • Proroga del termine per la copertura delle perdite : In caso perdite d’esercizio comportino una riduzione del capitale aziendale di oltre un terzo, in deroga al codice civile il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo viene posticipato al secondo esercizio successivo (invece del primo esercizio successivo). In caso di riduzione del capitale per perdite al di sotto del minimo legale, l’assemblea, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare il rinvio della decisione alla chiusura dell’esercizio successivo.
  • Deroga alla disciplina sulle società di comodo e in perdita sistematica: non sono soggette alla disciplina delle società di comodo e delle società in perdita sistematica.
  • Accesso facilitato al fondo di garanzia PMI: la copertura del fondo di garanzia PMI viene estesa fino allo 80% del credito erogato dalla banca alle Startup innovative, alle PMI innovative e agli incubatori certificati, fino a un massimo di 2,5 milioni di euro, ed è concessa gratuitamente sulla base di criteri di accesso estremamente semplificati, con un’istruttoria che beneficia di un canale prioritario;
  • Agenzia ICE: servizi ad hoc per l’internazionalizzazione delle Start up innovative sono offerti dall’Agenzia ICE, che fornisce assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia: le PMI innovative hanno diritto a uno sconto del 30%.  Inoltre, è prevista l’ospitalità a titolo gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali.
  • Accesso a Smart&Start Italia, un bando che consente l’erogazione di un finanziamento a tasso zero per progetti di sviluppo imprenditoriale con un programma di spesa di importo compreso tra 100.000 e 1,5 milioni di euro. Il finanziamento potrà coprire fino al 70% delle spese ammissibili (max 1.050.000 euro) ovvero l’80% delle spese ammissibili (max 1.200.000 euro) se la Startup ha una compagine interamente costituita da giovani o donne o se tra i soci è presente un dottore di ricerca impegnato stabilmente all’estero da almeno 3 anni. Per le iniziative localizzate nel Mezzogiorno e nel Cratere sismico aquilano è prevista una quota di contributo a fondo perduto pari al 20%.
  • Non assoggettabilità alle norme fallimentari: le Startup innovative godono di un particolare regime normativo che permette loro di affrontare il procedimento liquidatorio in modo più agevole e veloce.

Vantaggi per gli investitori

  • La legge di Bilancio 2019 (n. 145/2018) ha previsto delle agevolazioni fiscali maggiorate per chi, nel 2019, investe nel capitale delle start up innovative. La novità arriva con la legge di Bilancio 2019, che aumenta la misura sia della detrazione IRPEF, sia della deduzione IRES dal 30% al 40%. Esclusivamente per i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start-up innovative, gli incentivi fiscali potranno arrivare fino al 50% nei casi di acquisizione dell’intero capitale sociale di start-up innovative, a condizione che esso sia acquisito e mantenuto per almeno 3 anni. L’efficacia delle nuove aliquote è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.
  • Le agevolazioni sono previste dall’art. 29 (commi 1, 4 e 7) del DL n. 179/2012 e sono riconosciute ai soggetti passivi IRPEF, di cui al Titolo I del TUIR (vale a dire persone fisiche, enti non commerciali, imprenditori individuali, soggetti che producono redditi in forma associata) ed ai soggetti passivi IRES, di cui al Titolo II dello stesso TUIR (ad esclusione delle start up innovative, degli incubatori certificati, degli organismi di investimento collettivo del risparmio – OICR – e delle altre società di capitali che investono prevalentemente in start up innovative).
  • A seguito dell’intervento della legge di Bilancio 2017 (art. 1, commi 66-69), dal 1° gennaio 2017. la misura ordinaria delle agevolazioni è pari al 30%, autorizzata dalla Commissione europea (SA 47184 18 settembre 2017) fino al 31 dicembre 2025.
  • Per soggetti IRPEF, l’incentivo al 30% delle somme investite nel capitale sociale di una o più start up innovative prevede un investimento massimo detraibile non superiore all’importo di 1.000.000 di euro, per ciascun periodo di importo agevolato, per un risparmio massimo conseguibile pari a 300.000 euro anno. Per i soci di società in nome collettivo e in accomandita semplice l’importo per il quale spetta la detrazione è determinato in proporzione alle rispettive quote di partecipazione agli utili.
  • Se la detrazione supera l’imposta lorda, l’eccedenza può essere portata in detrazione entro i 3 anni successivi.
  • I soggetti IRES, invece, godono di una deduzione dal reddito pari al 30% dei conferimenti rilevanti effettuati. L’investimento massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1,8 milioni di euro e comporta, quindi (considerando l’aliquota IRES al 24%), un risparmio IRES massimo all’anno di 129.600 euro. Qualora la deduzione sia di ammontare superiore al reddito complessivo dichiarato, l’eccedenza può’ essere computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il terzo, fino a concorrenza del suo ammontare.
  • La legge di Bilancio 2019 (articolo 1, comma 218) porta tre elementi di novità alle agevolazioni.
    • Le modifiche sono temporanee e valgono solo per il 2019;
    • L’aumento per l’anno 2019, dal 30 al 40% la misura dell’agevolazione sia per la detrazione dall’imposta per i soggetti IRPEF sia per la deduzione dal reddito per i soggetti IRES;
    • Per i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start-up innovative: per tali soggetti l’agevolazione è incrementata, per l’anno 2019, dal 30% al 50% nei casi di acquisizione dell’intero capitale sociale di start-up innovative, a condizione che l’intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno 3 anni.
  • Per espressa previsione normativa (Legge di Bilancio 2019, articolo 1, comma 220), l’efficacia delle nuove aliquote è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea che al momento non è stata concessa.
  • I benefici fiscali sono correlati agli investimenti nel capitale sociale di start up innovative, effettuati sia direttamente che indirettamente per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) o altre società di capitali che investono prevalentemente in start up innovative.
  • Nello specifico, le agevolazioni trovano applicazione nel caso di:
    • Conferimenti in danaro iscritti alla voce capitale sociale e della riserva da sovrapprezzo delle azioni o quote delle start up innovative o delle società di capitali che investono prevalentemente in start up innovative. È equiparata ad un conferimento in denaro, e costituisce pertanto investimento agevolato, la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti di capitale, ad eccezione di quelli originati da cessioni di beni o prestazioni di servizi diverse da quelle previste dall’art. 27 del D.L. n. 179/2012 (ossia le prestazioni dei dipendenti e dei collaboratori o di coloro che apportano servizi resi in favore della start up innovativa);
    • Conferimenti derivanti dalla conversione di obbligazioni convertibili in azioni o quote di nuova emissione;
    • Investimenti in quote degli OICR che investono prevalentemente in start up innovative;
    • Nel caso in cui l’investimento sia effettuato in start up innovative che non hanno sede in Italia ma esercitano attività d’impresa nel territorio nazionale mediante una stabile organizzazione, le agevolazioni spettano in relazione alla parte corrispondente agli incrementi del fondo di dotazione delle stesse stabili organizzazioni.
  • Possibile decadenza dell’agevolazione ai sensi del DM 25 febbraio 2016 e della legge di Bilancio 2017, se, entro 3 anni dalla data in cui rileva l’investimento, si verifica una delle seguenti cause:
    • la cessione, anche parziale, a titolo oneroso, delle partecipazioni ricevute in cambio dei conferimenti agevolati, inclusi gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e i conferimenti in società, nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni o quote. Non si considerano cause di decadenza dall’agevolazione i trasferimenti delle partecipazioni a titolo gratuito o mortis causa, nonché quelli conseguenti ad operazioni straordinarie;
    • la riduzione di capitale sociale nonché la ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sovrapprezzi di emissione delle azioni o quote delle start-up innovative o delle società che investono prevalentemente in start-up innovative e le cui quote non siano quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione;
    • il recesso o l’esclusione degli investitori;
    • la perdita, da parte della start up innovativa, di uno dei requisiti richiesti per la qualifica di start up innovativa. Non costituiscono invece causa di decadenza la perdita dei requisiti previsti dall’art. 25, comma 2, del DL n. 179/2012 da parte della start up innovativa dovuta alla scadenza dei 5 anni dalla data di costituzione o del diverso termine indicato dal secondo periodo del comma 3 dello stesso art. 25 o al superamento della soglia di valore della produzione annua pari a 5.000.000 di euro o alla quotazione su un sistema multilaterale di negoziazione.

La PMI innovativa (DL 24/10/2015 n. 3)

REQUISITI: imprese che impiegano meno di 250 persone e il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro, che rispettano i seguenti requisiti:

  • sono costituite come società di capitali, anche in forma cooperativa;
  • hanno sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;
  • dispongono della certificazione dell’ultimo bilancio e dell’eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;
  • Le loro azioni non sono quotate in un mercato regolamentato (lett. c);
  • non sono già iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese dedicata alle startup innovative e agli incubatori certificati;

inoltre, l’impresa dovrà essere in possesso di almeno due (e non uno, come per le startup innovative) dei tre seguenti criteri:

  1. volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura almeno pari al 3% della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione. Le spese devono poter essere individuate nell’ultimo bilancio approvato, e vanno descritte in nota integrativa;
  2. impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in una quota almeno pari a 1/5 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero, ovvero, in una quota almeno pari a 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale;
  3. titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale, relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale ovvero titolarità dei diritti relativi a un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tale privativa sia direttamente afferente all’oggetto sociale e all’attività di impresa.

Vantaggi

  • Esonero dall’imposta di bollo abitualmente dovuta per l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese e per gli atti connessi al Registro;
  • Disciplina societaria particolarmente flessibile: ad esempio, una PMI innovativa costituita sotto forma di Srl potrà prevedere la presenza di quote dotate o meno di particolari diritti (quali un diritto di voto attribuito in misura non proporzionale alla partecipazione o totalmente assente);
  • Proroga del termine per la copertura delle perdite: In caso perdite d’esercizio comportino una riduzione del capitale aziendale di oltre un terzo, in deroga al codice civile il termine entro il quale la perdita deve risultare diminuita a meno di un terzo viene posticipato al secondo esercizio successivo (invece del primo esercizio successivo). In caso di riduzione del capitale per perdite al di sotto del minimo legale, l’assemblea, in alternativa all’immediata riduzione del capitale e al contemporaneo aumento dello stesso ad una cifra non inferiore al minimo legale, può deliberare il rinvio della decisione alla chiusura dell’esercizio successivo.
  • Deroga alla disciplina sulle società di comodo e in perdita sistematica: non sono soggette alla disciplina delle società di comodo e delle società in perdita sistematica.
  • Remunerazione attraverso strumenti di partecipazione al capitale: Le PMI innovative possono remunerare i propri collaboratori con strumenti di partecipazione al capitale sociale (come le stock option), e i fornitori di servizi esterni attraverso schemi di work for equity. Il reddito derivante dall’assegnazione di tali strumenti non concorre alla formazione del reddito imponibile, né ai fini fiscali, né ai fini contributivi.
  • Incentivi fiscali per chi investe in PMI innovative: se l’investitore è una persona fisica, godrà di una riduzione sull’IRPEF del 30% per investimenti fino a 1.000.000 €, mentre se si tratta di persona giuridica godrà di una deduzione della base imponibile dell’IRES del 30% fino a 1,8 milioni di €.; l’investitore deve mantenere la sua partecipazione per almeno tre anni. Tuttavia sono soggette a tali ulteriori condizioni:
    • In tutti i casi, le PMI innovative che hanno effettuato la loro prima vendita commerciale da meno di 7 anni;
    • le PMI innovative sul mercato da più di 7 ma meno di 10 anni, qualora esse non abbiano ancora dimostrato in misura sufficiente il potenziale di generare rendimenti;
    • indipendentemente dall’età, le PMI innovative che intendono procedere a un investimento iniziale per il finanziamento del rischio – sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico – superiore al 50% del fatturato medio annuo degli ultimi 5 anni.

Equity crowdfunding:le PMI innovative possono avviare campagne di raccolta di capitale attraverso appositi portali online autorizzati dalla Consob.

Accesso facilitato al fondo di garanzia PMI: la copertura del fondo di garanzia PMI viene estesa fino allo 80% del credito erogato dalla banca alle PMI innovative, alle PMI innovative e agli incubatori certificati, fino a un massimo di 2,5 milioni di euro, ed è concessa gratuitamente sulla base di criteri di accesso estremamente semplificati, con un’istruttoria che beneficia di un canale prioritario.

ICE-Agenzia: servizi ad hoc per l’internazionalizzazione delle Start up innovative sono offerti dall’ICE-Agenzia, che fornisce assistenza in materia normativa, societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia: le PMI innovative hanno diritto a uno sconto del 30%. Inoltre, è prevista l’ospitalità a titolo gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali.

Credits image: Kilometro Rosso innovation district

NOTARIZZAZIONE DOCUMENTI SULLA BLOCKCHAIN.

by admin admin Nessun commento

L’adozione della tecnologia blockchain sta modificando profondamente tutti i processi di validazione e notarizzazione degli eventi aziendali. Registrare un “evento” in digitale, ad esempio un testo in pdf oppure in word o excel piuttosto che un file di registrazione di una videoconferenza, su una piattaforma Blockchain consente di ottenere alcuni importanti vantaggi: – significa crittografare il file applicando allo stesso un’impronta digitale inviolabile; – assoluta impossibilità di contraffare i documenti (cartacei e audio-video) registrati sulla piattaforma (un nodo di registrazione sulla blockchain segue il precedente e precede il successivo in una catena di blocchi inviolabili da qualsiasi software, sia ora che nel futuro); – prova inconfutabile dell’autenticità dei documenti; – risolvere problemi di privacy; – Protezione da haching; – offrire tutela dal plagio e dal furto di proprietà intellettuale, ecc. La blockchain e i suoi registri distribuiti, sono riconosciuti dalla normativa italiana con la Legge n. 12 del febbraio 2019 all’art. 8-ter, garantendo assoluta efficacia di legge alle registrazioni crittografate. La blockchain è inattaccabile nessuno può manipolarla, tutto ciò che viene registrato sui registri distribuiti diventa eterno ed immutabile; Quindi con la notarizzazione qualunque documento digitale è inviolabile ed immutabile. Al contenuto viene apposta un’impronta digitale con fissazione di una data certa. Campi di applicazione sono sempre più numerosi, così ad esempio è possibile registrare: – ogni tipo di contratto cartaceo. Esempio: contratto di fornitura di beni e servizi. Si registra ogni passaggio del ciclo di vita del prodotto/servizio (chi, come, quando e quanto), dalla produzione alla distribuzione, alla commercializzazione e fino al consumo. Si pensi nel campo dell’energia elettrica, al settore agroalimentare, farmaceutico, sanitario, edile, ecc.. – ogni atto scritto: contratto stipulato con controparte italiana o estera (la blockchain è un hash crittografato e non ha nazionalità); – notarizzazione di file digitali. Esempio videoconferenze di assemblee e cda. Al video in formato digitale viene attribuito l’hash (impronta crittografata) che testimonia la sua registrazione in data certa e ne garantisce l’assoluta inviolabilità per sempre. Viene rilasciato un certificato di notarizzazione con i dati per il successivo controllo di originalità della videoconferenza anche dopo secoli. Redazione del certificato di notarizzazione del file digitale anche con firma multipla dei partecipanti. Esempio di funzionamento di un’assemblea: “Il presidente dell’assemblea crea digitalmente la copia del documento e genera la sua impronta digitale univoca (hash) attraverso la piattaforma dedicata su Blockchain; esegue la transazione sulla blockchain per dare data certa e prova di immodificabilità al documento, in modo tale da facilitare a posteriori la verifica di autenticità da parte di terzi. Sfrutta la funzione multifirma (multi-sig) della piattaforma, il presidente quindi condivide con i partecipanti e soci il documento da visionare e sottoscrivere e questi ultimi completano l’operazione apponendo la propria firma collegandosi alla piattaforma dal link di invito generato in modo automatico e ricevuto via mail. Quindi viene notarizzato il verbale e la registrazione del video dell’assemblea per garantire piena trasparenza, assicurando al contempo l’incorruttibilità dei dati registrati”. – anche tra privati, le funzionalità sono enormi. Si pensi ad esempio al testamento olografo (testamento scritto di pugno affiancando anche un audio-ideo del testatore); l’inventario digitale dei beni mobili non registrati anche ai fini assicurativi (gioielli e orologi identificati di cui si certifica la proprietà ad una data ora e giorno). Per notarizzazione si intende la generazione di un’impronta digitale (hash) associata al file documento. Il file originario da notarizzare non viene acquisito o memorizzato dalla piattaforma blockchain, ma serve solo per essere crittografo e reso immutabile e inviolabile. La prova è data dal fatto che se modifico anche di una solo carattere il file originario ed effettuo la verifica di originalità del file, lo stesso risulta per la blockchain non conforme. Cosa possiamo fare: la consulenza è estremamente chiara e trasparente: 1 acquisiamo il file da notarizzare; 2 acquisiamo il documento di identità di chi assuma l’iniziativa di notarizzare e degli altri eventuali firmatari partecipanti all’atto; 3 rilasciamo, ad avvenuto processo di notarizzazione, il certificato cartaceo con l’hash crittografato attribuito dalla blockchain al file originario; 4 rilasciamo copia dei documenti originari e crittografati su dispositivo usb; 5 Possiamo, se richiesto, conservare ed archiviare la transazione effettuata a supporto del richiedente

UE e Sud America: come sfruttare gli accordi doganali per aumentare la competitività – focus Cile

by admin admin Nessun commento

Forse non tutti sanno che, già dai primi anni 2000, l’Unione Europea ha stipulato degli accordi commerciali con diversi Paesi dell’area sudamericana, come Cile, Messico, Perù, Colombia ed Ecuador. In particolare, a partire dal 1° febbraio 2003 è entrato in vigore l’accordo di libero scambio tra UE e Cile, che ha portato nel 2013 ad una eliminazione quasi totale dei dazi nelle movimentazioni tra Bruxelles e Santiago. Inoltre, in considerazione dell’importanza reciproca dei rispettivi mercati di sbocco, nel luglio 2019, l’UE e il Mercosur (Unione composta da Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Venezuela – quest’ultimo ad oggi sospeso) hanno raggiunto un accordo interregionale che, una volta entrato in vigore, abbatterà ulteriormente le barriere daziarie tra le due aree geografiche, per ottenere un risparmio stimato di 4 miliardi di euro di dazi all’anno.  

Articolo:  

Nel 2019 l’UE è stato il terzo partner commerciale del Cile, rappresentando il 12% dei traffici totali del Paese, nonché il terzo mercato di provenienza sul totale delle importazioni annue.  

I flussi commerciali che dal vecchio continente si muovono verso lo Stato andino riguardano principalmente il settore dei macchinari (31%), dei mezzi di trasporto (26%) e dei prodotti chimici (11%). Una delle ragioni che giustifica dei numeri così importanti è riconducibile all’entrata in vigore, il 1° febbraio 2003, dell’accordo tra UE e Cile. A seguito di un ben preciso “calendario di smantellamento tariffario”, si può dire che già dal 2013 il commercio tra le aziende europee e quelle cilene è a dazio zero per quasi tutte le categorie merceologiche.  

Quali sono però gli adempimenti da rispettare per poter utilizzare le agevolazioni previste e senza rischiare sanzioni? In primis, è necessario verificare che il prodotto oggetto di prospettata esportazione sia di origine preferenziale, secondo le regole previste dall’accordo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea – oggi UE – e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Cile, dall’altra (link); in seconda istanza, sarà altresì fondamentale ottenere un certificato di circolazione – c.d. EUR.1, attestante l’origine della merce. 

A tale proposito, è opportuno sottolineare che un’errata dichiarazione di origine in dogana può configurare il reato di falso in atto pubblico ai sensi dell’art. 483 del c.p., con conseguenze penali per il legale rappresentante della società esportatrice. D’altra parte, la mancanza dell’EUR.1 non consente la possibilità di ottenere le riduzioni o le esenzioni daziare previste al momento dell’importazione nel Paese di destinazione. 

Infine, ricordiamo che in attesa del processo di ratifica del menzionato accordo tra UE e Mercosur, gli altri mercati sudamericani con cui l’UE ha stipulato accordi di libero scambio – e che dunque beneficiano di riduzioni o esenzioni daziarie all’importazione – sono il Messico, il Perù, la Colombia e l’Ecuador. 

Extero è in grado di guidare la crescita internazionale delle aziende con azioni concrete e verificabili, offrendo il proprio supporto anche nell’identificazione delle regole di origine preferenziale applicabili alle diverse tipologie di prodotti, nell’ottenimento e nella gestione delle prove di origine, nonché nel rapporto con le autorità doganali.  

Contattaci per avere maggiori informazioni a questo indirizzo: g.perrotta@extero.it.  

Potenziamento degli Strumenti Simest: misura “Patrimonializzazione delle imprese esportatrici”

by admin admin Nessun commento

Al fine di supportare maggiormente l’internazionalizzazione delle imprese italiane sono stati resi ancor più attraenti i Finanziamenti SIMEST; dal 6 agosto 2020, tali finanziamenti sono stati estesi alle MIDCAP, nonché ai Paesi intra UE; inoltre sono stati incrementate le soglie dei contributi a fondo perduto ed i tetti massimi di alcune misure. 

In particolare, in questa edizione tratteremo della misura “Patrimonializzazione delle imprese”, molto interessante perché non vincola l’erogazione del finanziamento e della quota a fondo perduto ad un impiego specifico. 

Articolo 

Tra le varie misure che Simest gestisce per conto del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ve ne sono due che pur essendo votate all’internazionalizzazione affrontano il tema in modo diverso rispetto alla collocazione dell’azienda su uno specifico mercato estero in modo fisico, si tratta delle misure di: 

– patrimonializzazione delle imprese; e 

– soluzioni di e.commerce in paesi esteri. 

In questo contributo tratteremo della misura “Patrimonializzazione” il cui importo massimo erogabile è stato incrementato da 400.000 euro a 800.000 mila euro, a cui si è aggiunta la possibilità di ottenere un contributo a fondo perduto del 40% (prossimamente al 50%) dell’importo erogato con un tetto massimo di 100.000 euro. Inoltre, è stata ampliata la platea dei soggetti beneficiari includendovi oltre alle PMI anche le MIDCAP.  

Si ricorda che le misure Simest seppure richieste tramite una application online sono oggetto di valutazione da parte del “Comitato Agevolazioni” di Simest e che potranno essere richieste anche ulteriori informazioni all’azienda da parte di analisti di Simest. 

L’agevolazione “Patrimonializzazione delle imprese esportatrici” consiste in un finanziamento, nel limite del 40% del patrimonio netto, volto a rafforzare la solidità patrimoniale delle imprese esportatrici al fine di aumentarne la competitività sui mercati esteri. 

Lo strumento prevede un finanziamento sino ad euro 800.000 ad tasso agevolato pari al 10% del tasso di riferimento UE annuo (al 31/08/2020 il tasso agevolato era pertanto pari allo 0,089%); con una durata di 6 anni, di cui 24 mesi di preammortamento. E la possibilità di richiedere che tale finanziamento sia concesso con un fondo perduto sino al massimo del 40% del finanziamento concesso, entro il limite di 100 mila euro. Pertanto l’importo da rimborsare sarà pari esclusivamente al 60% di quanto effettivamente erogato all’azienda. 

Il finanziamento viene erogato in un’unica tranche, entro 30 giorni dalla data di perfezionamento; e non sussiste un obbligo di rendicontazione, questo perché il finanziamento non ha una destinazione specifica, ma l’unico scopo di accrescere le disponibilità finanziarie dell’azienda per migliorare le proprie performance. È quindi uno strumento estremamente flessibile il cui retratto può essere utilizzato a discrezione dell’azienda. Simest verificherà esclusivamente il raggiungimento, o mantenimento, delle soglie di patrimonializzazione dell’impresa al termine del periodo di preammortamento per consentire l’applicazione del tasso agevolato anche nei successivi quattro anni di ammortamento del prestito.  

Possono accedere all’agevolazione le PMI e le MIDCAP esportatrici: 

  • con un fatturato estero: 
  • pari ad almeno il 20% del fatturato aziendale totale (media degli ultimi due esercizi); 
  • oppure pari ad almeno il 35% del fatturato aziendale dell’ultimo bilancio depositato; 
  • e che abbiano un livello di solidità patrimoniale di ingresso (rapporto tra patrimonio netto e attività immobilizzate nette) non superiore a: 
  • 2 per le imprese industriali e manifatturiere; 
  • 4 per le imprese commerciali e di servizi. 

La stipula del finanziamento normalmente è condizionata al rilascio di una garanzia per un minimo del 20% (in funzione del rispetto di taluni indici) e può essere sia bancaria, che assicurativa, o di un Confidi od altro Intermediario convenzionato con Simest, oppure costituita in denaro. Con il Decreto Rilancio è stato concesso sino al 31 dicembre 2020 l’esenzione dall’obbligo della garanziaPertanto chi richiede entro l’anno l’accesso alla misura “Patrimonializzazione”, non avrà alcun obbligo di costituire la garanzia. 

A mero titolo di esempio: un’impresa con un fatturato aziendale (media degli ultimi due esercizi) di euro 3.000.000 (di cui fatturato estero pari ad euro 600.000), con un patrimonio netto di euro 1.000.000 può beneficiare contemporaneamente di: 

  • un finanziamento di euro 300.000 a tasso agevolato dello 0,089% con una durata di 6 anni di cui 24 mesi di preammortamento; 
  •  un contributo a fondo perduto pari ad euro 100.000. 

Extero stp ed il proprio staff di professionisti è a disposizione degli associati IATT per fornire i primi orientamenti sulla misura, senza alcun impegno, e nel caso di interesse e richiesta di supporto professionale a mettere le proprie competenze a disposizione degli associati IATT a condizioni di vantaggio.   

Per qualsiasi informazione potete contattarci ai seguenti recapiti  

Goffredo Hinna Danesi – Presidente Extero 

E‐mail: goffredo.hinnadanesi@gininitax.com 

Giovanna Perrotta 

E‐mail: g.perrotta@extero.it

Potenziamento degli Strumenti Simest: misura “E.Commerce Paesi Esteri”

by admin admin Nessun commento

Anche la misura E.Commerce Paesi Esterildi Simest è stata oggetto di modifiche da parte degli ultimi provvedimenti del Governo, per poter meglio essere utilizzate dalle imprese che intendono ’internazionalizzare il proprio business. 

In particolare la misura sull’e.commerce è stata estesa anche ai paesi intra UE e beneficia di una quota parte a fondo perduto. 

In un periodo come quello attuale in cui gli spostamenti fisici sono drasticamente calati ed è diventato più complesso gestire le relazioni con i propri clienti internazionali, la digitalizzazione dei propri processi commerciali è diventato un fattore strategico per mantenere le posizioni acquisite in anni di lavoro sul campo, o acquisire nuove posizioni a scapito di quei competitors che non sono stati in grado di adeguarsi al mutato scenario. 

Nei precedenti contributi abbiamo trattato sia del Temporary Export Manager che della misura Patrimonializzazione, in questo articolo tratteremo invece della misura che Simest ha creato per favorire l’internazionalizzazione attraverso la digitalizzazione degli strumenti commerciali.  

Oggi che viviamo un momento in cui gli spostamenti fisici sono di fatto ridotti e contingentati l’approccio alla digitalizzazione dei processi di vendita e di contatto con i propri clienti è diventato un fattore strategico per consentire il mantenimento delle proprie posizioni commerciali, o anche la loro espansione sfruttando spazi che possono essere stati lasciati liberi dei propri competitors. 

La Misura E.Commerce affianca altre numerose misure agevolative che Simest gestisce per conto del Ministero degli Affari esteri e del Commercio con l’estero. Nel dettaglio, l’agevolazione consiste in un finanziamento volto a sostenere lo sviluppo di soluzioni di e-commerce per la distribuzione di beni o servizi prodotti in Italia o con marchio italiano in Paesi esteri. 

In particolare, sono finanziabili le spese inerenti la creazione e lo sviluppo di una propria piattaforma informatica, oppure l’utilizzo di una piattaforma realizzata da soggetti terzi (market place), oltre alle spese relative alla gestione/funzionamento della piattaforma, nonché le spese relative alle attività promozionali, la formazione del personale per l’utilizzo della soluzione informatica, i costi di affitto per magazzino e delle certificazioni internazionali di prodotto.  

Tra le spese finanziabili rientrano quelle sostenute dalla data di presentazione della domanda, fino a 12 mesi dopo il perfezionamento del contratto 

La misura è destinata a tutte le società di capitali, anche costituite sotto forma dei rete soggetto, e prevede un finanziamento sino ad euro 450.000 (se su propria piattaforma, ovvero euro 300.000 se su market place) al tasso agevolato pari al 10% del tasso di riferimento UE annuo (al 31/08/2020, il tasso agevolato è pari allo 0,089% annuo). La durata del finanziamento è di 4 anni di cui 12 mesi di preammortamento, ed attualmente è possibile richiedere che di detto finanziamento fino al 40% sia erogato a fondo perduto, nel limite massimo di 100 mila euro. 

Il finanziamento copre fino al 100% delle spese, con un limite minimo euro 25.000 ed un limite massimo di: 

  • euro 300.000 per l’utilizzo di un market place fornito da soggetti terzi; 
  • euro 450.000 per la realizzazione di una piattaforma propria. 

In ogni caso l’importo del finanziamento non può superare il 15% dei ricavi medi risultante dagli ultimi due bilanci depositati. 

Il finanziamento viene erogatoper una prima tranche del 50%, a titolo di anticipo, al momento della delibera della concessione, previa consegna della garanzia, ed il rimanente 50% a seguito della rendicontazione di tutte le spese sostenute. 

La stipula del finanziamento normalmente è condizionata al rilascio di una garanzia per un minimo del 20% (in funzione del rispetto di taluni indici) e può essere sia bancaria, che assicurativa, o di un Confidi od altro Intermediario convenzionato con Simest, oppure costituita in denaro; tuttavia eccezionalmente.  Grazie alle modifiche introdotte dal Decreto Rilancio, fino al 31 dicembre 2020 la garanzia non è richiesta. 

A mero titolo di esempio: un’impresa con ricavi medi di euro 3.000.000 (ultimi due bilanci depositati), a fronte di un investimento di euro 450.000 per la realizzazione di una piattaforma propria, può beneficiare contemporaneamente di: 

  • un finanziamento di euro 350.000 a tasso agevolato dello 0,089% con una durata di 4 anni di cui 12 mesi di preammortamento; 
  •  un contributo a fondo perduto pari ad euro 100.000. 

Extero sctp dispone di uno staff professionale altamente qualificato, in grado di affiancare l’azienda nella predisposizione di tutta la documentazione necessaria sia per la richiesta dei suddetti finanziamenti che per la relativa rendicontazione. 

Per qualsiasi informazione potete contattarci ai seguenti recapiti  

Giovanna Perrotta 

E‐mail: g.perrotta@extero.it