Strumenti di wealth management: il fondo patrimoniale finalità, disciplina e limiti

Tra gli strumenti di wealt management volti a soddisfare prioritariamente legittime esigenze di segregazione, uno dei più noti e fino ai tempi recenti più diffusi è il fondo patrimoniale tra i preferiti per assicurare da possibili aggressioni patrimoniali il futuro della media “famiglia italiana”. Gli arresti della giurisprudenza recente sembrano tuttavia limitarne significativamente l’ambito applicativo ai citati fini.

Il termine wealth managementè d’uso nella individuazione dell’insieme degli strumenti resi disponibili dall’ordinamento per adottare mirati interventi di pianificazione patrimoniale-strategica volti a soddisfare varie tipologie di esigenze riconducibili essenzialmente a fattori personali, economici e socio-politico-ambientali.

Tra i bisogni sempre più sentiti, ruolo primario è rivestito dall’interesse alla segregazione, vale a dire alla  “separazione” di parte del patrimonio principalmente allo scopo di preservarlo e sottrarlo da possibili aggressioni di creditori, incluso l’Erario, e dalle conseguenze di responsabilità anche di natura patrimoniale che possono derivare dallo svolgimento dell’attività lavorativa in ragione di eventuali danni causati a terzi. Al riguardo si pensi ai possibili rischi cui può incorrere l’imprenditore o il manager per violazioni, spesso anche inconsapevoli, delle vigenti disposizioni normative (i.e. ambientali, salute sul lavoro, riciclaggio ecc.) si pensi altresì alle responsabilità dei professionisti (i.e. responsabilità medica), o anche degli alti dirigenti sia pubblici che privati (i.e. il danno erariale o comunque il danno economico cagionato all’entità giuridica per la quale si lavora ed ai suoi soci/titolari).

Gli strumenti di wealth management presentano peculiarità tali per cui la selezione dello strumento da adottarsi nel caso di specie deve essere valutata in funzione delle concrete esigenze e della specifica situazione personale e patrimoniale del soggetto interessato e ciò anche in considerazione dei costi di varia natura, occasionali e/o ricorrenti, che l’adozione di tali strumenti può comportare (si pensi alla necessità in taluni casi di ricorre al notaio o ai possibili profili impositivi di talune fattispecie).

Prima di entrare nel dettaglio dello specifico strumento “fondo patrimoniale”, che sicuramente ha rappresentato fino a pochi anni or sono uno dei più utilizzati con finalità di segregazione patrimoniale, si impone una considerazione di carattere generale, vale a dire che l’effetto segregativo trova legittimazione nell’ordinamento nazionale, solo in relazione a specifici istituti e solo a determinate condizioni, vale a dire  limitatamente alla tutela di interessi meritevoli superiori, qualificati tali  dall’ordinamento stesso.

Nel caso della costituzione del fondo patrimoniale la segregazione è motivata dalla funzione dei beni o dei diritti  ad esso vincolati a garanzia del soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art. 167 c.c. e seguenti).

Costituisce infatti principio fondamentale del nostro sistema ordinamentale positivo la previsione recata dall’art. 2740 del codice civile secondo la quale “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” previsione che trova correlata tutela nell’azione revocatoria che il creditore può intraprendere per far dichiarare l’inefficacia a suo pregiudizio degli atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal  debitore (art. 2901 del codice civile).

Il fondo patrimoniale, la cui disciplina è stata introdotta con la riforma del diritto di famiglia del 1975 in sostituzione del precedente istituto del patrimonio familiare, può essere costituito da ciascuno o da entrambi i coniugi (anche prima che sia contratto il matrimonio) per atto pubblico, e quindi con l’intervento del notaio, o da un terzo sempre per atto pubblico o anche per testamento. Per effetto della recente riforma, l’istituto trova applicazione anche nell’ambito delle unioni civili (alle cui parti deve d’ora in avanti farsi anche riferimento quando per semplicità ci si riferisce ai coniugi).

Nel caso di costituzione ad opera di un terzo o di uno solo dei coniugi, la relativa costituzione è subordinata alla accettazione da parte dei coniugi o dell’altro coniuge. Inoltre, a pena di inopponibilità ai terzi, è previsto che venga data pubblicità all’istituzione del fondo patrimoniale tramite annotazione a margine dell’atto di matrimonio e tramite trascrizione nei registri immobiliari del vincolo sui beni oltre che del trasferimento dei diritti immobiliari, se previsto nell’atto istitutivo; nel caso di titoli di credito la costituzione del vincolo deve essere annotata sul titolo e sul registro dell’emittente.

Possono essere destinati al fondo patrimoniale solo beni immobili o diritti reali, beni mobili registrati (veicoli, natanti e aeromobili) e titoli di credito, purché resi nominativi. Vi possono rientrare in sostanza quei beni che costituiscono nella generalità dei casi la ordinaria forma di investimento dei risparmi familiari; anche i beni oggetto di comunione legale possono essere destinati al fondo patrimoniale. Non essendovi specifiche preclusioni, è pacifico in dottrina che si possa accedere alla costituzione di più fondi patrimoniali volti a soddisfare i bisogni di una stessa famiglia.

Il fondo patrimoniale ha la natura di un patrimonio separato finalizzato alla tutela della sicurezza economica della famiglia legittima ed al soddisfacimento dei relativi bisogni, intendendosi con ciò il mantenimento, le esigenze di vita e lo sviluppo della famiglia c.d. “nucleare” (i coniugi ed i soggetti al cui mantenimento la coppia è obbligata).

Per quanto attiene ai profili inerenti l’amministrazione dei beni che compongono il fondo patrimoniale, trova applicazione in generale la disciplina della comunione legale tra coniugi. In particolare la gestione e la titolarità dei beni vincolati nel fondo spetta ad entrambi i coniugi, a prescindere dalla titolarità del diritto di proprietà, con l’obbligo di utilizzare i beni del fondo e i relativi frutti a vantaggio esclusivo della famiglia: l’amministrazione del fondo patrimoniale deve essere sempre finalizzata a realizzare la destinazione funzionale normativamente prevista, vale a dire il soddisfacimento dei bisogni della famiglia. In pratica entrambi i coniugi posso operare disgiuntamente rispetto all’ordinaria amministrazione mentre per taluni atti, fatta salva specifica difforme pattuizione recata nell’atto istitutivo, occorre il consenso di entrambi (i.e. alienazioni, ipoteche, pegno, vincoli) con autorizzazione giudiziale, anche questa derogabile in sede istitutiva (cfr. Cass. n. 22069/2019) nel caso vi siano figli minori.

La dottrina tende a qualificare in generale come atti di straordinaria amministrazione quelli che si rendano necessari a fare fronte a bisogni straordinari della famiglia e che comportano variazioni sul normale godimento dei beni che ne sono oggetto e/o l’alterazione della consistenza originaria del fondo.

Costituiscono cause di cessazione del fondo patrimoniale la morte di uno dei coniugi, il divorzio e l’annullamento del matrimonio, in presenza di figli minori, al verificarsi delle citate cause, la cessazione del fondo avverrà al raggiungimento della maggiore età del più giovane dei figli. In assenza di figli minori il fondo può cessare anche per volontà dei coniugi e dell’eventuale terzo che abbia partecipato alla relativa costituzione. Per la cessazione sono previste forma di pubblicità analoghe a quelle previste in sede di costituzione.

Sotto il profilo impositivo occorre distinguere l’imposizione applicabile all’atto della costituzione del fondo e quella applicabile nella duranta del fondo. La costituzione del fondo patrimoniale è inquadrabile tra gli atti di disposizione a titolo gratuito, in quanto tali non rilevanti ai fini dell’imposizione sui redditi salvo il caso in cui il disponente non sia un imprenditore che ponga in essere atti di destinazione dei beni a finalità estranee all’esercizio dell’impresa. Rispetto all’imposizione indiretta all’atto della costituzione del fondo, la tassazione sarà differente a seconda i) di chi è il disponente,  ii) della circostanza che vi sia trasferimento o meno della proprietà o di un diritto reale e iii) della differente natura dei beni che ne costituiscono oggetto, circostanze tutte che incideranno sulla eventuale applicazione dell’imposta di donazione o successione e sulla quantificazione delle imposte ipotecarie, catastali e di bollo.

Per quanto attiene alla tassazione applicabile durante la vita del fondo, i relativi redditi sono imputati in parti uguali ai coniugi e quindi tassati in relazione alla natura del reddito che ne deriva, a prescindere dalle quote di effettiva proprietà (art. 4 c.1. lettera b) del D.P.R. n. 917/86).

Venendo alla efficacia segregativa della costituzione del fondo patrimoniale rispetto alla possibilità di aggressione dei beni che ne fanno parte, occorre distinguere la posizione dei creditori anteriori rispetto a quella dei creditori successivi alla costituzione del fondo stesso.

I creditori anteriori, entro 5 anni dall’atto di istituzione fondo patrimoniale possono esperire l’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 e 2903 c.c.) ma è onere del creditore provare che l’atto ha provocato un pregiudizio alle proprie ragioni di credito e che il debitore conoscesse il pregiudizio che recata alle ragioni del creditore (si ricordi che ai fini della revocatoria ordinaria la costituzione del fondo è considerato atto a titolo gratuito).

In ragione di una recente modifica normativa introdotta nel 2015, e che a giudizio di molti interpreti ha fatto perdere interesse per l’istituto, il creditore anteriore alla costituzione del fondo che se ne ritenga pregiudicato ha la possibilità di porre in essere l’esecuzione forzata “…. ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto…” (cfr. art. 2929 bis c.c.).

Per quanto riguarda i creditori posteriori alla istituzione del fondo patrimoniale l’articolo 170 del c.c. dispone che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.

Quindi il legislatore ammette l’effetto segregativo rispetto alle aggressioni dei creditori che hanno concesso credito ai coniugi per ragioni estranee al soddisfacimento di bisogni della famiglia (l’onere della prova grava sui coniugi). Mentre possono aggredire il fondo con azioni esecutive i creditori dei coniugi per debiti contratti per fare fronte a bisogni della famiglia.

L’efficacia segregativa dell’istituzione del fondo patrimoniale ha trovato un vero arresto nell’orientamento ormai ricorrente della recente giurisprudenza che sta interpretando come contratte per i bisogni della famiglia anche le obbligazioni scaturenti dalla attività lavorativa dei coniugi, in considerazione della circostanza che l’attività lavorativa è normalmente finalizzata al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.

Con specifico riferimento alle obbligazioni fiscali taluna giurisprudenza di merito ha affermato che anche i debiti fiscali contratti nello svolgimento della professione devono intendersi contratti per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia anche se la giurisprudenza di legittimità, aggiustando parzialmente “il tiro” ha precisato che un debito fiscale contratto nello svolgimento della professione non può dirsi contratto per bisogni della famiglia se non si sia prima escluso che derivi da esigenze di natura voluttuaria o speculativa (Cass. N. 21396/2015 Cass. 2018/16176). In tema di debiti di natura tributaria la Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che l’elemento discriminante non è tanto la natura dell’obbligazione quanto il suo fatto generatore e la relativa correlazione con il carattere familiare del bisogno da soddisfare.

In conclusione, la circostanza che la recente giurisprudenza abbia ricondotto i debiti contratti nello svolgimento della attività lavorativa tra i debiti contratti per i bisogni della famiglia comporta un ampliamento enorme dei casi di aggredibilità del fondo anche decorsi i termini di prescrizione dell’azione revocatoria e di fatto riduce al solo caso di debiti contratti per esigenze di natura voluttuaria, speculativa e di investimento l’effetto segregativo, con riduzione notevole dell’interesse ad accedere a tale istituto, quanto meno ai predetti scopi.

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Maria Rosaria Leccese

Founding Partner

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